Presenze, Bagliori
In un tenue barlume di note, quando le luci si abbassano, è più facile vedere le rare lucciole: nascoste nel roseto di un'essenza disperatamente breve, esse conducono agli occhi il miracolo di bagliori intermittenti, come mirabili granelli di seta iridescente; di quella mantengono la fragranza esotica, la curva sinuosa, il moto continuo di ogni fibra che la tiene insieme. Mi sono sorpreso nello scorgerne una, che sembrava sorreggere la notte col suo timido volo, l'altra sera, tra le tenebre di un albero notturno: era serena. Fluttuava incurante del turgido buio, come un lampione che affonda la sua anima in una trincea scavata nel cemento; così ne veniva a me quell'identica fierezza, nel suo sparire e riapparire perpetuo, nell'inutile certezza del suo essere effimera, e tuttavia non turbata, non terrorizzata.
Quel motivo fatto di aeree rotazioni e intarsi luminosi ha varcato la soglia dei sensi, spinta più in là dalla vita che le avrei tributato come restante; nel bizzarro tentativo di annotarne su un taccuino immaginario l'epitaffio, è balenata a fior di pelle l'idea che l'uomo concepisce della durata e della persistenza. L'importanza del tempo che ci rimane non ha forse lo stesso influsso d'una carrozza che già sbuffa e che non attende il passeggero ritardatario? La paura feconda il tempo del suo seme nefasto, e genera la fretta, l'ansia di giungere - e il dove non conta. La miriade di stelle continua a scintillare presso il cielo scosso dagli orologi.
Poi, d'improvviso, un rintocco solenne urta il mio petto dall'interno. Vedo le mie labbra, i miei denti, la mia lingua riflessi in uno specchio, stretti nell'espressione contrita del disappunto. Scopro che non amo il tempo, che soffro le attese, che lamento il ritardo, e compiango la mia misera condizione di essere immerso in un fluido abrasivo. Il tempo. E mi logora, smussa gli angoli dell'anima, chiude le grotte, si spacca in crepacci profondi. Cerco di inoltrarmi e vedo le vite degli altri nella mia vita, racchiuse in una bolla di fragilissimo vetro; non resisto, la rompo, e quelle ne schizzano fuori come impazzite. Brillano nel buio delle mie caverne: sono lucciole, e tracciano la loro scia in un buio che olezza di chiuso e di muffa. Ma ora spandono un nuovo balsamo, più dolce, più gradevole, simile a quello dei semi di girasole nei campi di maggio.
Le lucciole sono passate di qua, ne sono sicuro: c'è ancora profumo di polvere di stelle.