tag:blogger.com,1999:blog-71928305054598343102024-03-11T08:15:53.543+02:00Laddove il mondo va alla rovescia...Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.comBlogger100125tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-10595180285762827942013-01-28T02:34:00.002+02:002013-01-28T02:36:47.523+02:00Cambiare, sempre<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2U4p6RF_obNy6SjMkAwqJrP3YloW4cDlN-ISfqDOC_LVKPMUHYti_biJsfQrAThpZpOI_kc-NWraugt6Zjf9sr_1w1ENKEFJ-ivP9yv7IUFrIGi9qiCvqxAILwSU8V3vHO4jAgPfc58c/s1600/un-solitario-rosso-boa-galleggianti-in-mare-aperto-acqua.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2U4p6RF_obNy6SjMkAwqJrP3YloW4cDlN-ISfqDOC_LVKPMUHYti_biJsfQrAThpZpOI_kc-NWraugt6Zjf9sr_1w1ENKEFJ-ivP9yv7IUFrIGi9qiCvqxAILwSU8V3vHO4jAgPfc58c/s320/un-solitario-rosso-boa-galleggianti-in-mare-aperto-acqua.jpg" width="320" /></a></div>
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Ho sorriso, davvero, sinceramente: rileggere me stesso di qualche anno fa ha ricreato un'atmosfera surreale e intrisa di ricordi. Alcuni meravigliosi, altri no, com'è giusto che sia, e se c'è una cosa che ho capito è che devo avere proprio una capacità di intuito e di previsione degli accadimenti che raramente sbaglia ad interpretare i segni premonitori.<br />
Le mura intorno a me sono cambiate, si sono allargate, creando attorno a me uno spazio vitale di respiro più ampio. I miei orizzonti hanno seguito il loro procedere verso l'esterno: espandendosi, mutando sensibilmente la direzione che originariamente pensavano di seguire.<br />
Confesso che la mia vita è in trasformazione continua, ed io non me ne sono neppure accorto: immerso nel liquido del tempo, sono tornato a galla e il panorama è cambiato. Non c'è più il mare aperto a perdita d'occhio, ma una costa visibile in lontananza, qualche scoglio cui aggrapparsi per fermarsi un istante a respirare, e a guardare com'è diventato il cielo nel frattempo. Ora lo accetto con più serenità.<br />
In questo periodo di strambi mutamenti ho però temuto di aver smarrito quella parte di me che si emozionava di fronte a uno sguardo. Ed in effetti, in parte e per qualche tempo, è stato veramente così. Le mie corde più profonde si erano arrugginite per via di un'incuria prolungata ed in parte, lo ammetto, la colpa è stata mia che ho permesso alla volpe di insidiare la serenità delle galline dormienti. Un bel giorno ho sparato alla volpe. E tutto è cambiato - di nuovo. <br />
Oggi, poi, accade qualcosa di inatteso. Mi accorgo che, nel pieno dell'inverno, il coma delle mie membra si è interrotto e che c'è dunque ancora qualcosa che mi fa vibrare. Una domenica di gennaio diventa una primavera dei sensi, un'emozione che sì, mi ha lasciato le labbra asciutte, eppure va bene lo stesso: posso attendere, voglio attendere e ridere di gusto e baciare le sue guance, voglio capire e vedere se anche questa volta la preveggenza è il mio dono. E tornare a sentire come quando ero più ragazzino e la sera al cinema diventava l'occasione per uno sfioramento di dita e un batticuore improvviso, frugale promessa d'amore e tempesta che ti scompiglia i capelli. <br />
Cambiare si dovrà sempre, ma se ho imparato qualcosa è che è straordinario anche tornare ad essere.Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-14180773894452904842011-06-19T20:30:00.002+02:002011-06-19T20:54:02.699+02:00Quello che non c'è, ma così tanto io vorreiMancano quattro giorni, quattro lunghissimi, interminabili giri di boa da ventiquattro ore ciascuno. Mi sorprendo nel provare attacchi di crepacuore imprevedibili. Sì, è l'ultimo esame. Ma proprio l'ultimo, quello che fai e poi esci e ti ubriachi per dimenticare i giorni e le notti sui libri, con la paura di non passare, col terrore di "oh cazzo di sicuro mi boccerà, non so niente, non so niente". Che poi, alla fine, le cose le sapevi ma ci si sente più sicuri a pensare di non sapere. Come se l'insicurezza non generasse aspettativa di successo (e in effetti a volte può funzionare). Certo, me lo risparmierei volentieri. Ma d'altra parte non si può avere tutto. Su questo siamo d'accordo. Ma quando dal "non si può avere tutto" si passa al "non ho niente", il passo è decisamente più doloroso. Non so perché oggi pomeriggio sento il bisogno di lamentarmi. Credo che mi abbia ispirato il ventaglio di colori finalmente estivi che vedo dalla finestra: Milano, dopo giorni di pioggia, brilla di grano e splende di zaffiro. Sebbene stia passando le mie giornate su una ridicola scrivania di legno di pino, vedere quei colori miscelati nel cielo e nelle costruzioni mi spinge a credere che presto ne godrò. E questo è bene. Meno bene è che l'attesa che mi separa da quel momento la vivrò male. E non tanto per le ansie da studio, quanto piuttosto perché so che dovrò affrontare questo momento da solo. Il mio "solo" vale per il cuore, che da poco ha deciso di fare a meno di lui. Non è vero, il cuore non l'ha deciso: ha dovuto arrendersi alla ragione, all'oggettività, alle immani sofferenze che si è sentito infliggere ogni giorno di più. <div>Me ne sono capitate tante in questi mesi in cui non ho scritto. Purtroppo sono state tante più negative che positive. Il ricordo dell'amore per me è una ferita ancora aperta, non stilla più sangue, ma tira la pelle perché cerca di rimarginarsi faticosamente. E' come quando vuoi grattare sulla crosta, perché accidenti quanto prude, ma sai che farlo è sbagliato, perché altrimenti quella ferita non si chiuderà mai. In fondo è una di quelle cose che ogni mamma ha detto al proprio figlio: "non ti grattare, ché poi ti esce il pus e ti rimane la cicatrice". Non so perché ho scelto di non disubbidire quasi mai agli insegnamenti che ho ricevuto, ma stavolta sento che per farcela avrei bisogno di farmi legare le mani con un laccio ben stretto. Anche ora, proprio adesso, qualcosa mi ha punto proprio nel centro. E' bastata una vibrazione con un bip-bip di una nota marca di telefoni cellulari. </div><div>La verità è che credere alle parole di qualcuno che ami è la cosa più bella che ci sia. Ti infonde sicurezza, fiducia, consapevolezza di non essere mai solo. </div><div>La verità è che io ci credevo ma ora, a quelle parole, non so, non ci credo più, anche se vorrei poterlo fare. </div><div>La verità è che la notte di mercoledì vorrei tanto poter contare su un abbraccio rassicurante, quando mi sveglierò nel cuore del buio: ma sarò solo. In fin dei conti, sono stato io a sottrarmi a quella presa dolce e velenosa, agognata ma mai, probabilmente, veramente ricevuta quando ce n'era bisogno. </div><div>Così le mie pianure si trasformano, a poco a poco, in un deserto privo di vegetazione, arido e improduttivo, che divora le poche oasi nella sua vorace calura tropicale. </div><div>Intanto ripenso continuamente a quelle mani grandi e ai piedoni oversize, provetti calpestatori di sentimenti, ma se solo avessero imparato ad accarezzare per tempo... accidenti, quanto rimpianto.</div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-30905903329756689242010-11-16T04:46:00.005+02:002010-11-16T04:50:37.853+02:00Questioni d'una notte di mezzo autunno<div style="text-align: left;">Mentre trascorrono i giorni, in un bizzarro barcamenarsi tra le lotte quotidiane della vita e una pioggia che invita alla resa, mentre il destino si diverte prendendosi gioco di me da qualche mese a questa parte, e mentre il Presidente del Consiglio si diverte prendendosi gioco di tutti gli Italiani che non l'hanno mai votato, mi sembra di fissare un quadro confuso, contemporaneo, di cui non capisco nulla. La verità, però, è che l'apparenza della visione d'insieme non rende giustizia a quel quadro. I suoi tratti, netti, precisi, delimitano immagini in realtà molto più chiare di quanto non crediate. Anch'io ho fatto fatica, per un po'.</div><div>Il quadro, dicevo, parla invece chiaramente. Ci credereste, se vi dicessi che era uno specchio? Proprio quando fare spallucce sembrava l'ultimo atto di una tragicommedia delle iconografie, ho riconosciuto nell'immagine riflessa il mio io vagamente sgangherato, accavallato: quasi distorto! Ma non c'è di che stupirsi se, a volte, ci capita di non riconoscerci in noi stessi. La figura restituita davanti a uno sguardo che si spinge verso l'oggettività è la cura migliore per le malattie dell'anima. Perché ci fa vedere come siamo, fino ai minimi dettagli, senza menzogne a fin di bene o complimenti d'occasione. La verità, nuda e cruda, parcellizzata in miriadi di frammenti che fanno di noi ciò che siamo, appare distesa davanti a noi come un orizzonte a cielo terso.</div><div>Così, come dinanzi ad un enigmatico indovinello, ho iniziato a fare ordine nelle mie stanze. A cominciare dal cuore, un baule di segreti, sensazioni mai veramente dimenticate, piccoli rimpianti e indigeribili rimorsi; alla fiera del passato ho ritrovato pagine scritte, parole corsive su inchiostro mezzo sbiadito. Inattuali. Buttare. Bisognava fare posto per il presente, come quando al cambio di stagione sembra così ingiusto e inaccettabile gettar via il maglione preferito, vecchia gloria del passato, protagonista pluripremiato, ma ormai logoro, star che s'avvia su un malinconico <i>Sunset Boulevard</i>. Ho vestiti più freschi e camicie più linde, e calde e morbide stoffe con cui sabotare l'inverno: per ora mi scaldano abbastanza. Anche se, ogni tanto, ripenso al maglione. Ma poi mi dico: quel ch'è fatto è fatto. E mi provo indosso un pullover. Blu. Ah, per la cronaca: anche lui ha buttato via il maglione.</div><div>Restava ora da sistemare la parte più difficile. L'antro dei misteri. Il regno della mia personalissima entropia. La reggia delle seghe, il maniero delle mattanze esistenziali - il cervello. Il mio stramaledetto cervello. Quel disgraziato di un cervello, mi ripeto percotendomi le carni a mo' di flagellante, che pur potrebbe scegliere una meravigliosamente menefreghista aponia e limitarsi a soddisfare funzioni primarie. Se il disordine mentale fosse indice della follia, io metterei ben in dubbio anche i più ispirati sostenitori di Basaglia. Poiché il problema è radicalmente insolvibile anche per me che ne sono il diretto responsabile, con tristaniana rassegnazione accetto il voler d'Iddio, bevo il filtro, faccio un ruttino, e mi rimetto alla volontà del fato. Dall'accanimento che ho profuso nel tentativo di risolvere tutto e subito ho ricavato un sonoro buco nell'acqua, per cui, fidandomi dell'arcana forza di opposti e contrari e di tarocchi e di saggezza, ho scelto di fermarmi in un punto, e aspettare. Ogni cosa sceglierà il suo posto mentre io guarderò lo spettacolo, sdraiato sul fianco e sgranocchiando salatini. Tempo al tempo, sostiene la nonna, ed anche che "l'ultima a scortica' è la coda". Ciò che conta veramente è cogliere l'occasione, quando passa, perché passa: fidatevi di me. Ed è per questo che da qualche giorno sono alla finestra, e qualcosa sta passando proprio davanti a me. Per ora la cosa pare funzionare. Pare, dico. Però... sì, pare che vada davvero alla grande. Certo, ci vorranno fatica e pazienza, probabilmente anche pizzichi di angoscia, tormento e sconforto: ma qual è il vero prezzo per raggiungere la felicità? Nell'impossibilità di stabilirne il valore, decido di andar controcorrente, e di fare un grosso investimento a fondo perduto... in piena crisi.</div><div>Nel frattempo, sebben con qualche occhiaia di troppo, mi appunterò una camelia all'occhiello, per ricordarmi di un giorno tutto nuovo per me... e chissà che non passi una signora a farmi l'occhiolino.</div><div><br /></div><div><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 266px; height: 200px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0Q9OW7XWMfXwwJgyJHpJqj-fjJEfSUkM4AJGloY-yRhTHC1WJCCLAi-rZoMFkWzSB6fez8sfz2hAsHhBm4sPxioR7o7IrVmkHXW5RT5E3YGCVJuMPAevPlVkBeHLuk2VFMT7Plb8vT_w/s320/DSCN0698.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539971778873264274" /></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-55028317143881265872010-06-14T03:52:00.002+02:002010-06-14T04:09:18.553+02:00Due donne intorno al cor mi son venuteL'illuminazione, come al solito, è tenue. In sottofondo, le volute di fumo; tre sono le sedie, su una, disposta tra altre due, ci sono io, accoccolato con la caviglia sotto il ginocchio, e il gomito poggiato sul braccio dello schienale. Le altre due sedie sono occupate l'una da una flessuosa creatura bionda dall'accento straniero, l'altra da una donna che pare una sirena, occhi azzurri e liscia la fronte. Entrambe fumano, e discorriamo insieme dei mali d'amore. Ci versiamo del vino per rendere meno amara la conversazione: scappa qualche risata, ma poi si torna ad esser seri. La creatura flessuosa manda giù un sorso, dice "solo un po' d'amore, io non ho bisogno di niente": lei è quella emancipata ed indipendente, quella che crede fermamente nei suoi ideali, nei suoi obbiettivi. L'ha detto però in un modo così viscerale da infiammare anche me. Ed ho riconosciuto che, in effetti, "un po' d'amore" serve proprio a tutti. La sirena, invece, è più triste e dimessa nell'ascolto: ha toccato il cielo ed è precipitata nel vuoto nel giro di poche ore. Lei, che si chiede come mai gli uomini di oggi "non sono più gli stessi di prima", come mai siano vili e si tirino indietro davanti alla difficoltà. E di quanto invece lei fosse pronta ad assumersi anche lo scherno dei colleghi. Io ascolto, e per un momento mi sono chiesto anche io cosa pensavo degli uomini. Di quelli che gravitano intorno alla mia vita. <div>Ci sto ancora pensando. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-66265542683548510812010-05-21T20:08:00.003+02:002010-05-21T20:29:23.915+02:00yawn<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoGx01n96Gi3GuT4jEEVmdOVMYDA3tiqCVFKw2X7qCvfBmva5X-Yl7TGSoHxe9LYQM-eCVf3wmjJm6l-2TAtnk-moJztOZtK13LPdmuZn7jICS5S9J1PgWM1jc0aaYn5-h9mN5e2W5-9o/s1600/sleepingcat.jpg" style="text-decoration: none;"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 218px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoGx01n96Gi3GuT4jEEVmdOVMYDA3tiqCVFKw2X7qCvfBmva5X-Yl7TGSoHxe9LYQM-eCVf3wmjJm6l-2TAtnk-moJztOZtK13LPdmuZn7jICS5S9J1PgWM1jc0aaYn5-h9mN5e2W5-9o/s320/sleepingcat.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5473792096204176082" /></a>Un lieve dondolio che va insieme a una melodia, e poi dodici, tredici, quattordici, i giorni d'un maggio che passa lieve, lieve, nemmeno lo senti. Una sigaretta in più non sarà un dramma: mi accoccolo su una sedia, a piedi nudi, incrociati sopra il tavolo. Suona Al Stewart, "The Year Of The Cat". Il caffè caldo è accanto a me, e il sole bacia il mio petto. Quant'è dolce il tepore dei raggi primaverili! D'improvviso sono tutto un abbraccio di luce. <div>Sembra un risveglio: l'odore dei grani tostati, però al pomeriggio. Si riaprono i libri, per la seconda volta. Biscotti, e marmellata, e il venticello del quarto piano che accarezza pagine e dita. Improvvisamente tutto sembra migliore. </div><div>Torna la voglia di darsi al mondo, di riprendere fili dispersi, ricucire qualche strappo, strappare qualche foglio miscellaneo, è tornata quella voglia di uscire all'aperto, pestare l'erba con i gomiti e tener la testa gettata all'indietro, offrire la bocca, ricevere un bacio e volerne altri cento, esser qualcuno, esser qualcosa, apprendere e lamentarsi, lamentarsi e apprendere. </div><div>Un ultimo giro di Do, ancora un ultimo giro, fammi ballare così, voce country, al collo l'armonica, spalla-chitarra, musica viva, ritmo divino.</div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-895538883517240542010-04-09T02:58:00.003+02:002010-04-09T03:09:03.482+02:00Assenza, Presenza, Mancanza<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRUgNXMQUkHUgxmtJzoQfMMh3OGxEKfAkN3jWHJvk4AFP-IaHb9Jhv8P3s_WbomouWajgEb77cy4l13k_i2znyZHyjUivTr5xA35ZFzHNeixzoajgS8FCm2cLz-Yxl19sRDY-Ntro2tJY/s1600/muu.JPG"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRUgNXMQUkHUgxmtJzoQfMMh3OGxEKfAkN3jWHJvk4AFP-IaHb9Jhv8P3s_WbomouWajgEb77cy4l13k_i2znyZHyjUivTr5xA35ZFzHNeixzoajgS8FCm2cLz-Yxl19sRDY-Ntro2tJY/s320/muu.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5457938276210517250" /></a><br />Ho sempre creduto di vederci chiaro /<div>anche quando alla parola scandita /</div><div>si sostituiva, silente, lo sguardo /</div><div>Riflette la mia attuale confusione /</div><div>il groviglio di lenzuola ammassate /</div><div>ancorché freddo /</div><div>Non di tempo, non di attesa abbisogna /</div><div>il mio livore d'amor cronico /</div><div><br /></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-63697699358376671062010-03-18T18:35:00.003+02:002010-03-18T18:48:45.564+02:00Sudden Epiphanies. Chapter One: In The Kitchen<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5EGvBUjz_kFIKhY8rq2R3p6TQpAbN57lzKf9KUzQ96jnGKtTlZoG_NxWA9YNt485Qog7-COK43VWuhBX6_KbzfIg0blNdKRzPz-DeuZ0sfWfy05_zMAal-OWFBIFU-osQrrgoAnXU6sU/s1600-h/HoratioNelson.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 263px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5EGvBUjz_kFIKhY8rq2R3p6TQpAbN57lzKf9KUzQ96jnGKtTlZoG_NxWA9YNt485Qog7-COK43VWuhBX6_KbzfIg0blNdKRzPz-DeuZ0sfWfy05_zMAal-OWFBIFU-osQrrgoAnXU6sU/s320/HoratioNelson.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5450014397069100610" /></a><i>E chi avrebbe detto mai che l'ammiraglio Nelson non c'entrava niente con l'Invincible Armada di Filippo II di Spagna? </i><div><div>Oh, in fondo, ci sono solo tre secoli di... eh. </div><div>Va bene, non so un accidenti di storia moderna. </div><div><span class="Apple-style-span" style="font-size: medium;">Eppure ho paura che qui si tratti di un... <i>Affare Francese</i>. </span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-size: medium;">... e queste sigarette? </span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-size: medium;"><i>To be continued...</i></span></div></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-47309993554165230802010-03-01T03:18:00.006+02:002010-03-01T03:28:50.454+02:00Sì.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMtHklktnwGIQKBDMmQSKU5D3nQ5e42kswXmriWkdxnrgXNHfSLB-iuzF64_U5VADZwkF7Y1cb1b6R5hOcKOu9koSyIPIaf_wh1rLTkz_JrwIGGh9rVeAAgbIKkscC_7PyluPY0LOH-rM/s1600-h/Giostra.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMtHklktnwGIQKBDMmQSKU5D3nQ5e42kswXmriWkdxnrgXNHfSLB-iuzF64_U5VADZwkF7Y1cb1b6R5hOcKOu9koSyIPIaf_wh1rLTkz_JrwIGGh9rVeAAgbIKkscC_7PyluPY0LOH-rM/s320/Giostra.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5443471266166224274" /></a><br />Emozionarsi ascoltando le vibrazioni del cuore, perché una melodia che ci tocca nel profondo s'è innestata sotto la pelle, in quel momento, proprio quello in cui mi sentivo più vulnerabile. Ad un tratto, tutto è stato chiaro: mi sembrava di aver colto il vero senso dell'esistenza. Di avere tra le mani il segreto più ambito. Una voce black continuava a scaldare le mie orecchie, e non era più il momento di chiedersi che senso avesse la vita, bensì lasciarsi andare al suo morbido fluire. Note basse, note alte, placide coperte. Fuori fa freddo. <div>La casa è silenziosa, ma una stella è esplosa.</div><div>Come se non aspettassi altro che di partire, la sensazione di scoprire che i polsi, a volte, tremano davvero.</div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-91280551139940757552010-02-11T03:16:00.004+02:002010-02-11T03:28:53.210+02:00Non sono un Bravo Ragazzo<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3Oh8Tsj0Jus_Vbds3DxxKOz-elFj8rvK_YHzveRbcrOtc8YADRB1MeUmn_yZ8LVrTTp1PBcDlVotoUa_TA13eri8fZDnUURtDsUYjlJ6IeB7dVenbCbqFDDW-znC3KBKCh464BivwOrk/s1600-h/fuck_off.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3Oh8Tsj0Jus_Vbds3DxxKOz-elFj8rvK_YHzveRbcrOtc8YADRB1MeUmn_yZ8LVrTTp1PBcDlVotoUa_TA13eri8fZDnUURtDsUYjlJ6IeB7dVenbCbqFDDW-znC3KBKCh464BivwOrk/s320/fuck_off.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5436791658176010226" /></a><br /><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><div><br /></div><div><br /></div>Mi piace giocare </span></span><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>sembrarti indecente</span></span><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>parlarti all'orecchio dicendoti</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span> niente </span></span><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;">In fondo hai intuito <span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span></span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"></span><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>che sono bigotta<br /><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Una suora mancata</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"> una<span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span> <span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>piccola <span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>donna<br />Trattami come se fossi una</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"> dea<br /><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Trattami come se fossi </span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>una dea<br />Una </span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;">bambina </span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>impertinente<br /><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"><br /></span></span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Una bambina impertinente<br />Ah…Ah…Ah…Ah….<br /><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Lasciami il fiato per</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"> dirtelo ancora</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;">Lasciami il</span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span> fiato per fartelo ora<br /><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Lasciami <span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span></span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"></span><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>il fiato per dirtelo ancora </span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;">Lasciami il fiato per </span></span></div><div><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:small;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>fartelo ora </span></span></div></div></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-25959903010273311812010-01-08T06:04:00.002+02:002010-01-08T06:24:20.744+02:00GarbuglioGorgoglia di grigia pioggia, sul greto d'un caruggio s'aggrappa un rigagnolo di gelide giunture, fatte di giovinezza e disamore, di antiche musiche che riecheggiano attimi di placida serenità; duole il ginocchio, duole il dito, il petto col respiro. Il sonno s'è involato, giunto alle soglie d'un mattino nuovo che sembra non cambiare - che mattino era, se piangeva ancora il cielo ed era buio? Guarire è un mestiere, ammalarsi un diritto di ogni creatura che soggiace alla legge del pensiero. Ché pensare troppo strappa gli sguardi dal vero, e distoglie dal discorso principale, dalle cui proposizioni collegate scaturisce l'unica, vera opportunità di slegarsene per sempre. Esige, la vita, che si rifletta, e ancora rifletto in uno specchio spaurito che non restituisce che incertezze. Non vorrei, ma ho un brivido rapido e intenso d'insana lucidità - abbandono. Scrivere, scacciare, terminare, finire, chiudere ciò che non è chiuso ma che voglio che sia. Non posso eludere i colori familiari e le luci rossastre dischiuse nella tetra assenza. Perché alle cinque e poco più che un quarto, tra le pieghe di una notte che smette e un giorno che nasce, ogni cosa, ogni attimo assume le fragili sfumature di una foglia cadente? Flebili raggi sospirano, artificiali, da minuscole fessure - ed essi né calore, né odore propagheranno - e vorrei che fossero vere stelle.Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-58274313094232380032010-01-01T20:37:00.002+02:002010-01-01T21:04:11.469+02:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj711gm44oHnmXvPDsXOE6J1lKCF-zXk7w56VLBTyW7eI6ywrkLURein9S20uBffJvwtsfli5oDuiR60winshYB8L03ews7X9ZpPlaRIN6Q4EGRUa69D4ZYq6XowP3dSdRI0scBFt5q7zA/s1600-h/2009-2010.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 170px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj711gm44oHnmXvPDsXOE6J1lKCF-zXk7w56VLBTyW7eI6ywrkLURein9S20uBffJvwtsfli5oDuiR60winshYB8L03ews7X9ZpPlaRIN6Q4EGRUa69D4ZYq6XowP3dSdRI0scBFt5q7zA/s320/2009-2010.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5421843242683319714" /></a>Mi piacerebbe poter dire che il 2009 è stato un anno da sogno, magnifico, di quelli che non si dimenticano. Per la verità di certo non me ne dimenticherò, ma sicuramente per ragioni tutt'altro che piacevoli e positive. Bisogna saper ammettere che, prima o poi, arriva quel momento in cui la <i>Sfiga</i> attraversa la propria vita. Certo, va detto che, per alcuni versi, l'anno che ci ha appena chiuso la porta alle spalle mi ha regalato anche dei momenti indimenticabili. Esperienze nuove, l'emozione di essere <i>dottore</i>, la soddisfazione di vedere il mio nome su una locandina e di sapere che ero proprio io, quello. Perché è vero che non si finisce mai di arrivare, ma acciuffare le tappe intermedie è lo stimolo principe della ricerca. Sempre. <div>Sentimentalmente parlando, è stato davvero un <i>annus horribilis</i>. Inutile negare l'evidenza: ho visto sfiorire, piano piano, con quella lentezza che odora di sconfitta, la più bella storia d'amore della mia vita. Ho preso una sonora legnata sul capo al principio di agosto da parte di una persona a cui - lo ammetto - mi sono aggrappato con troppa forza, forse per paura di cadere nuovamente, di perdere un'altra partita. E così ho finito per perderla, anche se non è tutta mia la responsabilità. Ho visto partire per l'amata Spagna una delle donne che costituiscono i pilastri della mia esistenza, non solo milanese, ma assoluta. Mi sono scontrato con i momenti di solitudine che non riuscivo a sopportare, ho constatato quanto fosse duro accettare il vuoto di uno dei due materassi che costituiscono il mio letto. </div><div>Se dovessi identificare il 2009 con una frase, citerei senz'altro una frase di un film:</div><div><i><br /></i></div><div><i>Fammi sapere quando la tua vita va completamente all'aria, vuol dire che è l'ora della promozione.</i></div><div><br /></div><div>Ma nonostante questo, non mi lamenterò. Oh, no. Nonostante al primo sorriso spesso sia arrivata la riga da disegno sui denti, non lo farò. Anche se tante volte, mentre correvo, sono inciampato nell'unica radice sporgente, non mi metterò a frignare. Sebbene il mio frigorifero sia più vuoto del mio stomaco - e posso garantire che è possibile, c'è solo un tubetto di maionese dentro - io cercherò di essere forte e di accettare l'ipotesi di una pasta al burro, semmai i miei fidati pizzaioli egiziani fossero indisponibili. E al diavolo se non farò sesso per due mesi, e chi se ne importa se al primo appello d'esame non sarò preparato, mi presenterò al prossimo, e che vadano a quel paese le mutande rosse che non ho indossato, le lenticchie che non ho mangiato, il vischio sotto il quale non ho ricevuto alcun bacio. </div><div>Il 2010 è iniziato da venti ore e quattro minuti, </div><div><i>e reca in mano un mazzolin di rose e di viole</i></div><div><i>onde, siccome suole, ornar egli s'appresta,</i></div><div><i>dimani, al dì di festa, il petto e il crine.</i> </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-1375006912601165012009-12-11T01:53:00.004+02:002009-12-11T02:42:25.443+02:00Arrivederci amore, ciao.<div style="text-align: justify;">E' come incedere a passo zoppicante, come un brivido che passa e se ne va; così simile all'alito d'un mezzo dicembre che gela l'anima, perfino; così drammaticamente tagliente, duro di una durezza metallica e rocciosa al tempo stesso - e chi l'ha provato, lo sa. Tu lo sai. Qui non c'è il retrogusto amaro d'una sconfitta, né l'abbraccio glaciale dell'indifferenza ci ha mai cinti insieme, e mai sarà così. Ed è forse per questo che brucia di più, più ancora e più profondamente che mai. A nulla valgono sublimi pensieri e inutili aspirazioni, eppure non c'è la vanità della nube trascorrente: ricordi? Ricordi come, estasiati dalla freschezza di noi stessi, guardavamo quei comignoli fumeggianti, col naso rivolto verso l'alto e le nostre dita intrecciate? Avevamo le mani trepidanti - era il nostro momento di gloriosa immensità, il cielo stesso c'invidiava, tanto di giorno, quanto di notte, quando brancolando nel buio di un lenzuolo stropicciato ci lasciavamo andare, sospinti dall'aria frizzante della Catalogna. Ho serbato dentro di me quell'attimo, io, te, i comignoli, e altri cento villeggianti che ignoravano la nostra felicità. E' una foto dai contorni consunti, striata dalle venature d'una piega approssimativa, quel tanto che basta per conservarla nella tasca, e tastarne la consistenza, per esser certo che non fosse sogno - non era sogno: sfavillava di verità, impressa negli occhi, tatuata sul corpo! I pizzichi a fior di pelle ne diedero conferma. Quelli eravamo proprio noi, e contemplavamo Barcellona. Noi, meno di cinquant'anni in due, poco più che ventenni, il nostro amore: nient'altro.</div><div style="text-align: justify;">Abbiamo tentato. Ce l'abbiamo messa tutta, e non è stato sufficiente - la magia non è tornata indietro. Non si può tornare all'antico palazzo abbandonato, confidando che, pur privato delle cure necessarie, esso si sia mantenuto abbastanza lontano dalla tetraggine. Abbiamo aperto un portone e abbiamo visto l'incuria del tempo abbattersi su un rapporto logorato, una tenda rosicchiata dai topi, ricamata di ragnatele, pareti ingiallite. Che becera idea, che sciocchi siamo stati. Eppure, ci abbiamo creduto. Ma dov'era finito il tanto sospirato scintillio dei cristalli? Dove le mani, dove i comignoli, i colori, la gioia scomposta di quegli abbracci avidi? Ci siamo cercati a lungo nei nostri nuovi mondi, ma non ci siamo più ritrovati. Abbiamo vagato a lungo, abbiamo scavato a fondo, ma ciò che cercavamo non c'era più. Tu mi parli di astri ed irripetibili congiunzioni, la ragione sostiene che quanto dici, mio malgrado, non può che esser vero. L'istinto ha preferito tacere, dinanzi ad essa. Un soffio ha spirato su di noi, e ci ha spenti. Ma non uccisi. Forse, solo addormentati di un sonno che tarderà a tramutarsi in risveglio. Sul mio corpo, rimane la ferita di un'ultima notte trascorsa con te, mentre le vecchie speranze cedono il passo ad un insopportabile senso di colpa che non riesco a lavare via dalla mia pelle. A scaldarmi, non rimane che una tazza rossa colma di un tè che, oramai, s'è raffreddato; e un mucchietto d'insulse parole senza significato apparente; e il gelo sarebbe più gelo che mai, e brinderei al mio fallimento e allo sfacelo, se soltanto ti dicessi <i>addio</i> - concedimi, almeno, un <i>arrivederci</i>, amore mio.</div><div><br /></div><div><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2sPf0PwF49aVRNacqMOuKEC4r0qtDN4PL-ks-pvCu8UoB5V7gCMXK6fr-tDGdqZCUmKXczCoOgN_SfBGPYmtjl_945M5kgQcuxuv-lWnrw7xGi_czzhZvp-aOiP8Vw_QbdEa8avQoR2A/s320/Bar%C3%A7a.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5413771836175541346" /></div><div><br /></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-41770565680838829442009-11-16T20:14:00.005+02:002009-11-16T21:26:37.849+02:00Te Pertenezco (ma non sono Ambra Angiolini)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQKxmV0f0Ol2jF54ZpDvVPdeQoZWVEDTUvt4NGzmwXdnYdoB4szTvIZZTV5_xr3mwfgRzIrMxQvggo5uoeKpiJR96DY3exhGQBTbvvoZLaL9WM3Y3FrkeB4timbYauorommiWeE1pAvM0/s1600/DSCN0514.JPG" style="text-decoration: none;"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQKxmV0f0Ol2jF54ZpDvVPdeQoZWVEDTUvt4NGzmwXdnYdoB4szTvIZZTV5_xr3mwfgRzIrMxQvggo5uoeKpiJR96DY3exhGQBTbvvoZLaL9WM3Y3FrkeB4timbYauorommiWeE1pAvM0/s320/DSCN0514.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5404783788338523522" /></a><div><div>Succede che l'ebbrezza, fotografata da un ricordo molto vago ma d'indubbia indole burlesca, ti colga una sera con il sapore penetrante del gin o quello ingannevole della vodka sul treno Moskva-Petushki, o molto più semplicemente vicino a Milano Lambrate, e più precisamente su una scacchiera colonizzata da bicchierini. A grandezza naturale c'è un momento in cui - brevissimo attimo sensibile - riesci a vedere te stesso con una chiarezza inusitata, cristallina, nell'atto di digitare il numero della tua carta d'identità sul <i>form</i> di un volo BGY-VLC a/r - gg.22/10/09-25/10/09, incorniciato da grandi strisce gialle e blu quasi a voler sottolineare quel che stai facendo. A posteriori, sbraiterò al telefono con mio padre perché ritiene fermamente che io voli con "una compagnia che cade". Ma poco importa. Di quel momento io conserverò, d'ora in avanti, un ricordo fondamentale del mio percorso d'identità, e non solo di quella carta che, in fin dei conti, serba di me poche notizie (e fittizie, leggasi alla voce <i>altezza, ndr</i>).</div><div>E' passato un po' di tempo, ma è nitido il sorriso che mi si dischiuse scendendo dal velivolo. L'apertura del portellone, in precedenza, mi aveva procurato un lieve scompenso, non sapevo cosa attendermi: sapevo solo che quel giorno avrei dovuto fare gli auguri di compleanno a due delle donne più importanti della mia vita, e che una l'avrei rivista di lì a qualche fermata di metropolitana. L'attimo di smarrimento si dissolse rapidamente: la brezza che avvolgeva il mio capo imbacuccato per resistere ai cupi 4°C del mattino meneghino, il sole scintillante e il riverbero che ne riportavano gli occhiali da sole del personale di terra dell'aeroporto mi convinsero subito a sentirmi meglio che a casa. Chiedo la <i>planta del metro, por favor</i> bullandomi della mia pronuncia inequivocabilmente castigliana (come dissero Y.-J.-I.) e mi godo i bracci serpeggianti delle gallerie sotterranee riportati sulla mappa, individuando subito il mio obiettivo: <i>Angel Guimera</i>. E mi godo anche, spegnendo furtivamente il lettore musicale, la musica spagnola che risuona ad ogni parola che pronuncia la gente valenciana, in cui s'inserisce un <i>"anvedi ahò, certo che 'sta Valencia è proprio figa"</i> preposto a rovinare il mio bucolico momento di gratitudine all'iberica glottologia. Finalmente riemergo dalle viscere del suolo. Lo immagino come un parto immaginario della terra, che mi caga letteralmente in un posto totalmente diverso da quello da cui ero partito. </div><div>Da quel momento, e per tre giorni, ho capito tante cose di me. Forse fu la fuga, forse le ansie accumulate nelle ben più delle cinque giornate di Milano, fatte di pioggia e università, prove che chiamavano a gran voce un pronto debutto, relazioni pericolose, domande senza risposta e poi ancora pioggia, domande e un velo di tristezza permanente. Forse fu la fuga da tutto questo assieme al bisogno fisico di sentire il mio corpo disteso e i pensieri decontratti. Forse, poco dopo, è stata la <i>paella</i> consumata in concomitanza con un battesimo in un paesino vicino alle risaie. E subito dopo, un'ora a guardare il mare andare e venire, senza la maglietta, i piedi nudi, una sposa col suo sposo ad immortalare il momento della loro promessa. O le passeggiate per il centro storico, e quelle nel parco che era, un tempo, il letto d'un fiume ormai disseccato. Oppure le temperature quasi estive nel cuore dell'autunno, generate da chissà quale strana equazione meteorologica, e le persone piene di sole e di vita, e in maniche corte e calzoncini, a guardare la <i>Arena de Toros</i> col naso all'insù. Ed io lì in tutti i colori della città e in tutte le dolci curvature degli edifici, e in cima alla torre, a contemplare la carta d'identità nel mio portafogli e a sentire il mio cuore che batteva un bolero, e a ripensare alla strana casualità, a quella medesima sensazione di benessere che mi aveva già solleticato leggendo BCN, MAD, LPA nelle mie precedenti fuitine nella terra dei conigli (ma solo per etimologia, s'intenda bene il nesso!), al piacere di sentire la lingua in bocca già predisposta alla <i>jota</i>, quasi per sua naturale inclinazione; e poi, come non rendersi conto che non poteva essere casuale la mia predilezione per il giallo ed il rosso accostati insieme, il mio sostenere Rafael Nadal contro Roger Federer, la mia interpretazione di <i>El Blanco</i>?</div><div>Tutto lasciava presagire un rientro traumatico. BGY era stata la sede di una felice partenza, e ora si trasformava in un'aguzza trappola per piccioni sulla quale io avrei poggiato il sedere con fare piuttosto masochista. Io temevo che avrei sofferto per giorni la mancanza della mia bella Spagna, in barba a chi professa il verbo della <i>saudade</i> lusitana. Avrei sofferto l'aggressività di una Milano ossessivo-compulsiva sempre dedita ad un ritmo dell'esistenza scandita dal passaggio del tram. Mi sarei progettato il modo di far parte di quel mondo, ma solo attraverso clamorosi viaggi mentali che, nei casi più disperati, mi avrebbero condotto a farmi scambiare per argentino dal signore che mi porta solitamente la pizza a domicilio, e a dialogare in spagnolo con un tipo piuttosto ganzo conosciuto tra un <i>Vodka-Martini-Lemon</i> e un <i>Negroni</i> nella domenica notte più <i>cool</i> della Milano che schecca. </div><div>Ebbene, è le cose sono andate proprio come avete vi ho detto. </div><div>Ora, però, mi sono appena accorto che è lunedì sera, mi fa male l'addome, e dietro di me ci sono i <i>Simpsons</i>, il che significa che <i>Studio Aperto</i> aveva biecamente vegliato di me sino ad ora senza che io me ne accorgessi, mi sono accorto che domani ho una lezione di filologia e fuori fa freddissimo, e che sarà così anche domattina, e che, insomma, sono in Italia e non in Spagna, come credevo fino a qualche minuto fa, prima che iniziassi a scrivere quest'ultima frase.</div><div>Un po' mi viene voglia di andarmene via, un po' mi viene da piangere perché mi manca il coraggio, un po' mi dico che è ancora presto e che ci devo riflettere bene su. Intanto, ho scovato un sito che migliorerà la mia grammatica spagnola che non ho mai studiato, ma in sole trenta lezioni.</div><div>Dopo, decido. </div></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-55532506128985101622009-10-17T02:11:00.004+02:002009-10-17T02:42:08.518+02:00Mi scusi, non ho capito.<div style="text-align: left;">A conti fatti, non è che sia tutto proprio chiaro chiaro. Voglio dire, io ce la metto tutta per cercare di dare un senso concreto agli avvenimenti, alle scelte che intraprendo, alla sfiga che ciclicamente si abbatte sul sottoscritto.</div><div>Stasera ho voglia di uscire fuori dalle righe. Di togliermi qualche sassolino dalle scarpe (perché ne ho così tanti da potermi permettere di pluralizzare il detto, che invece prevede che i sassi siano solo in una delle due). Insomma voglio scrivere un post incazzato. Niente immagini poetiche, niente metafore, stasera non mi va.</div><div>Orbene.</div><div>Ci sono molte cose che non ho capito. </div><div><br /></div><div><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 289px; height: 142px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBdzGSxkbOvb27igK5OfhCPJ-I9dPlBMh3NEFinYrnsb6hOOS28FxlFZx_k-ipR0weXDBOMRNSsGM48tTYhK21rjwAOfOKP212pc9DcG6R9O12Y3S3h87-D8AMVJWJBpQsYdBjb2JoQEE/s320/Foto+18.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5393356906638580082" /></div><div style="text-align: left;">Innanzitutto, non ho capito perché cazzo oggi è venerdì sera, io ho avuto una settimana massacrante, anzi no... riformulo. Non ho capito perché cazzo, a seguito dell'ennesima settimana massacrante, io sia a casa di venerdì sera, quando dovrei essere ubriaco marcio a molestare un portone da qualche parte, scambiandolo per un aitante giovanotto. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché due ore fa non ho realizzato di avere una bottiglia di vino nella dispensa, perché a quest'ora starei dormendo, totalmente sbronzo, e di certo non scriverei questo post.</div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché non c'è della marijuana nella scatola delle sorprese. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché, nonostante mi sia ripromesso, con il cambio di casa, di non fumare più in camera da letto con le finestre chiuse, io stia pedissequamente continuando a farlo. Anche in questo preciso istante. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché amo quello che faccio, eppure ne sono dilaniato, visto che mi rendo conto che mi ritroverò, in futuro, con una pletora di porte chiuse davanti, con una serie di mura davanti al mio percorso, ma soprattutto non ho capito perché vengo spronato a continuare su questa linea. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito cosa piace di me alle persone, perché in giorni come questi mi faccio schifo da solo, e vorrei sputare dinanzi a me implorando l'esistenza dell'effetto-boomerang. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché cazzo io sono sempre la persona giusta al momento sbagliato, e quando non mi viene detto palesemente in faccia, finisco per dirlo io stesso e per convincermene da solo.</div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché continuo a mangiare, mangiare, mangiare e non riesco a saziarmi. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché tra persone adulte e consenzienti non si possa evitare mai di fare stupidi giochetti del tipo: "Vediamo chi chiama per primo". </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché vivo in una nazione che non mi riconosce uno straccio di diritto, e, parlando di diritti, non ho capito perché cazzo ci siano una manica di stronzi al governo che si arroga il diritto di sostenere che sono deviato e che riesce a convincerne una buona metà degli italiani. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché la casa dei miei sogni costa seicentomila euro. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché ho sempre voluto una casa tutta mia a Milano e, improvvisamente, l'idea di mettere radici qui mi faccia una paura colossale. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché, dopo quattro anni, per la prima volta, in un mattino grigio e inaspettatamente gelido, ho sentito il bisogno di fuggire da qui e rifugiarmi nel tepore di un'isola spagnola circondata dall'Oceano Atlantico, lontano dal mondo, lontano da tutti, dalla mia routine, dai miei doveri. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché la mia ex coinquilina mi tartassa quando le ho già detto mille volte che le farò sapere io quando mi restituiranno i soldi della caparra. Sì, sto parlando del paguro della Trinacria, proprio lei, e almeno, in tutta questa faccenda, ringrazio non so quale divinità per il fatto che non la rivedrò mai più. Mai. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché, in momenti come questo, mi viene voglia di trasgredire. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché, in momenti come questo, mi viene voglia di andare a letto col primo che mi capita a tiro. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito perché non riesco più a districarmi tra i miei sentimenti e non riesco a distinguere tra un amore consunto e un senso di affetto che non mi abbandona. </div><div style="text-align: left;">Non ho capito niente, niente, niente. </div><div style="text-align: left;">E nonostante mi renda conto di non aver capito, continuo imperterrito a non capire, a pormi domande, a rifiutarmi di rispondere, ad evitare di rendere conto a non so chi, forse in primis a me stesso. </div><div style="text-align: left;">Umore color caffè nero bollente. Ma che cazzo. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-22119225636874236632009-09-30T00:45:00.003+02:002009-09-30T01:23:08.764+02:00Tutta l'anima che c'è<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidbLgcZvG-rvlY7-miy28bwhtpWOFrO0Di6nzyU2rcs82croFu_ldM4oou5ST1pJKXYEa3C1We3tiCTg9tvJBYM7qFR2a5yNxKc-o4oPzOQke_vnL6l8OMUO5Ao8J4Lk6Vy4g_K-Qz0bQ/s1600-h/Immag0011.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidbLgcZvG-rvlY7-miy28bwhtpWOFrO0Di6nzyU2rcs82croFu_ldM4oou5ST1pJKXYEa3C1We3tiCTg9tvJBYM7qFR2a5yNxKc-o4oPzOQke_vnL6l8OMUO5Ao8J4Lk6Vy4g_K-Qz0bQ/s320/Immag0011.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5387024753994716930" /></a>Secondo piano. La vista è sempre stata quella. Lo svettante grattacielo che si arrampica al di sopra di tutto il resto, e due palazzi; e in fondo, il tabacchi, quello con la proprietaria che il primo anno non mi salutava, il successivo accennava un sorriso, al terzo mi guardava con interesse (ma sarà stato reale?), al quarto addirittura pronunciava compitamente: "Arrivederci!", con il mento sporgente e gli occhiali sulla punta del naso. Rientrando, c'è sempre il venditore di britannici prodotti; e svoltando l'angolo, dopo il tatuatore, in una strada di estense reminiscenza, il portone. Quel tappeto rosso. La custode, la prima custode della mia vita, la migliore delle custodi possibile, candidamente parlando. <div>Tanto ottimismo nell'aria, quel gusto di familiare confidenza anche con gli inquilini più riservati, quel tanto che basta per farti pensare, con una smorfia di malcelato fastidio: "Che cafoni". </div><div>Stabile signorile, tre locali più bagno e cucinotto. Si osservino i tavolini rossi, pieghevoli, funzionali... ma non poggiateci mai entrambi i gomiti: il peso della testa, no, non lo reggono! In mezzo ci sono io. A destra variazioni sul tema in tempi di lauro, a sinistra, invece, manifesta la sua strenua resistenza il paguro della Trinacria. Affiancato da cotanta meridionalità, io sono nel mezzo, come la virtù, come il bastone per le ruote, come "tabacco" tra "Bacco" e "Venere". Intorno a me tutto è un po' più bianco, più vuoto del solito. Radio DeeGay suona sempre anche a quest'ora, mentre l'ultima canna si consuma al ritmo delle Pussycat Dolls.</div><div>Affittasi. Metropolitana MM3 a 5 minuti di cammino. Un cammino che ha consumato l'asfalto davanti al "Quadronno", nelle notti in cui le sigarette erano finite. Appunti sparsi per le ultime incombenze, le lenzuola disfatte dall'ultimo sesso che vedrà questa stanza: ed è stato intenso come le si doveva. Quattro anni di vita li lascio qui, nascosti sotto quelle listelle del parquet che sono un po' più sollevate, proprio vicino alla finestra. La ringrazio perché è stata il mio rifugio per i quattro anni più significativi che io ricordi; perché mi ha tenuto chiuso e obbligato a fare i conti con me stesso e nessun altro; perché mi ha costretto a studiare scempi letterari anche nelle prime notti estive che imploravano lacrimose "San Lorenzo! San Lorenzo!". E che estati, quanto sudore versato, quante correnti d'aria disperatamente invocate e mai arrivate, quanti pianti impregnati sulle orribili lenzuola anni '70 coi ricami marroni e i fiori stilizzati color arancio. </div><div>Una stanza ha un nome, un cognome, e i nomi di tutti coloro che vi sono trascorsi. Una stanza odora di te, conserva di te lo spirito e gli umori. Si imbeve del tuo fumo, del tuo puzzo, delle piastrine antizanzare, del cibo cinese consumato seduto sui cuscini etnici, del vino, delle battute scurrili e sboccate, dell'erba, di sperma, del suono del telefono che annuncia l'esseemmeesse. La mia stanza talvolta mi racconta la mia storia e mi ricorda chi sono, perché sono, quanto sono innamorato d'amore e di odio di quello che sono, del mio essere Giano bifronte, ansioso, speranzoso, luminoso, illuminato, drogato, mai sbarbato, irriverente-deficiente-saccente intimamente, intimidito dal futuro e aggrappato al mio passato. </div><div>Quando lasci una stanza succede qualcosa di strano. Si stringe la gola appena inizi a impacchettare la tua storia dentro scatoloni per alimentari di scarsa qualità. Poi avresti voglia di piangere perché, tutto sommato, ti domandi se era proprio necessario separarsi da quel luogo così radicato nella tua quotidianità, quella buona, quella che ti dà la certezza di appigli concreti quando hai bisogno di fare i conti con te stesso. Ma dopo un po', passa, perché prendi coscienza che la fine di un contratto è come il sipario che scende tra due atti: la sospensione degli sguardi, il momento di distensione, l'attesa dell'atto successivo. Della prossima casa. Della stanza che, per forza di cose, devi farti amica, dandole tutta l'anima che c'è in te per renderla più simile a quell'altra. </div><div>Stanotte lascio. Domani si cambia casa. Mi serve da morire.</div><div><i>Besame, besame mucho</i></div><div><i>como si fuera esta noche la ultima vez.</i></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-81804431347551733832009-09-03T01:46:00.002+02:002009-09-03T02:14:04.166+02:00En mort de l'été<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEJFNpflj_Kkp-n_Rqb-chq3RgqUVy_P0bHGuLEMi-AGRdrnANkV37XDiVLjWnRC9A_CEO918MDwvTKc3BHRTEou3kc2uXNYH3nWCgBa_VFyhyphenhyphen1zJuHpLk468uF6OFQHLfoy2xoSzOlpY/s1600-h/RIP.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 159px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEJFNpflj_Kkp-n_Rqb-chq3RgqUVy_P0bHGuLEMi-AGRdrnANkV37XDiVLjWnRC9A_CEO918MDwvTKc3BHRTEou3kc2uXNYH3nWCgBa_VFyhyphenhyphen1zJuHpLk468uF6OFQHLfoy2xoSzOlpY/s320/RIP.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5377020846867481762" /></a>Cullato da amniotiche onde, a guardare l'affiorare della sera, sopracciglia aggrottate, orizzonte falsato dal mare in movimento; torcendo la barba troppo lunga con le dita nervose, e poi giocherellando con l'anello al dito medio: ora si sfila, ora s'infila, ora rotea sul palmo della mano destra, poi stretto nel pugno per saggiarne l'effettiva argentea durezza. Un brivido scuote il mio corpo: c'è la brezza. <div>Stagione di intese mancate, e l'autocontrollo se ne va per la tangente. Balzano in mente ricordi di note acute e prolungate, e di percussioni che scuotono nottate in tono maggiore; smargiassi, forse un po' villani per quel modo di fare e di dire triviale che facilmente s'individua nella grossolana attitudine d'un bifolco alle espressioni colorite del linguaggio. </div><div>Momenti in cui ho seriamente pensato che le esperienze negative si trasmettano come la più infettiva delle malattie. E così diventa consuetudine il condividerne la sofferenza che ne sgorga. Domande insistite, risposte tormentate: perché non riusciamo a capire cosa gli altri veramente vogliono, veramente pensano. Nel mentre, innumerevoli tazzine di caffè si accalcano su un tavolino sullo stabilimento balneare, e altrettanti mozziconi campeggiano a testa in giù in un sottovaso riempito di sabbia. Sembrano struzzi. Sembriamo noi che sentiamo ma non vorremmo ascoltare. </div><div>Notti di papi, papesse e confessioni, notti di tarocchi e di appesi; notti di danze presso spiagge siracusane e di completa inconsapevolezza alcolica; notti inattese con qualcuno di speciale che, ormai, nemmeno ci credevi più che fosse possibile; notti uniche, ma anche ultime, prima di qualche arrivederci che sembrerà non passare mai. Un pino marittimo come unico compagno e amico fidato, a custodire le nostre parole preziose come perle selvatiche, e tu, amica che te ne vai, ma in fondo resti, e come mi mancherai, mia piccola amica, nelle notti come questa in cui sei l'unica che ancora mi invia sms sul cellulare. </div><div>Ricominciare, ricostruire, cambiare, impacchettare, trasportare. Ancora un mese qui, poi andrò via. Un nuovo ciclo, qualche incertezza, infiniti quesiti. Suonano i Portishead. Gorgoglia il mio stomaco, e niente nella dispensa. </div><div>Un dubbio immenso. </div><div>Ciò che resta di un'estate che ho visto morire, in spiaggia, al suono sordo di una pallina. Impattava una racchetta di legno. </div><div><i>Tloc</i>. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-71794899274643230432009-07-28T01:05:00.005+02:002009-07-28T01:56:29.938+02:00Due Cuori e Un... Attico.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdsdGshuRVvpCxoxkL2LiocM5punGa9zozMtxtUOe9gHZ8elZ0GGrpb1buc4syh9sDcZn8T0wygvkzMI-_X9gcxzR-U4aR7oX-jwMa0ma7tnfP7hR_Uiq1hurAi1ifyEIFVVQo5fFbnjE/s1600-h/Home.png"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdsdGshuRVvpCxoxkL2LiocM5punGa9zozMtxtUOe9gHZ8elZ0GGrpb1buc4syh9sDcZn8T0wygvkzMI-_X9gcxzR-U4aR7oX-jwMa0ma7tnfP7hR_Uiq1hurAi1ifyEIFVVQo5fFbnjE/s320/Home.png" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5363292660660365522" /></a><div><div style="text-align: center;"><div style="text-align: left;"><br /></div><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(0, 0, 238); "><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">Si sta forse per compiere un passo storico, perché in fondo anche la sua è una storia, e in quanto tale registra eventi di portata che, in sé, sono epocali. A segnare lo stacco è, stavolta, la casa. Con il gradito sponsor della famiglia, si fanno sempre più insistenti le voci che vogliono Adynaton futuro residente nella città di Milano a tutti gli effetti. Secondo le ultime indiscrezioni, Adynaton sembra essere piuttosto contento della questione, soprattutto perché coerente con gli ultimi quattro anni della sua vita, trascorsi più nella città meneghina che non presso i natii adriatici lidi. E sono stati quattro anni complessivamente felici, ricchi, anzi grondanti soddisfazioni, talvolta accompagnati da qualche lacrima, questo è vero, ma che di tanto in tanto va concessa anche ai cuori più duri e impenetrabili. </span></span></span><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);"><br /></span></span></div></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">La casa nuova inaugurerà un nuovo ciclo di vita. Una nuova era nella ventitreenne storia di Adynaton. Ma la ricerca di un tetto accogliente si fa sempre più ardua, perché lui è un romantico. E sogna una casa come l'ha sempre immaginata. Una casa per sé, ma anche per gli altri. Una casa dove gli amici si sentano sempre i benvenuti, con un divano letto sempre pronto ad abbracciare qualche ramingo pellegrino che abbia perso l'ultimo tram per tornare indietro.</span></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">Adynaton si accontenta di un bilocale. Il che potrebbe sembrare pretenzioso, ma dopotutto un bilocale è per sempre. Un soggiorno luminoso e finestrato, una cucina finalmente abitabile dopo essersi districato negli ultimi tempi tra tavolini pieghevoli rossi e un frigorifero troppo ingombrante. Le pareti di colori tenui, forse un giallo chiaro, bugnato, che richiami atmosfere tardo primaverili. Luci essenziali, un tocco vagamente etnico nei mobili. Ma, soprattutto, la terrazza. Perché quella è la sua vera aspirazione. Adynaton a volte si sente come la signora Dalloway, ma senza il luogo a disposizione. Solo che lui darebbe grandi feste non per coprire il silenzio, ma per provocare un bacchico chiasso, allegri baccanali notturni dove tutti si sentano, almeno per una notte, felici. Si vive sempre un po' nel mito di quella incredibile terrazza che è teatro della festa ne "Le fate ignoranti", un film che ha segnato la mia esistenza e messo a dura prova le mie ghiandole lacrimali. E poi, una terrazza torna sempre utile per una colazione ai primi caldi di aprile, o per una romantica cena a lume di candela. </span></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">Adynaton sogna la casa dei suoi sogni. Ma sogna di poterla condividere, un giorno, con colui che lo renderà felice, perché lui alla felicità ci crede, come crede alla monogamia: cosa che lo rende un essere piuttosto bizzarro agli occhi di molti. Ma quando chiude gli occhi e per un attimo pensa alla sua terrazza, alle tende che appenderà alle finestre, alle pareti del salotto e ai colori rilassanti che lo tingeranno, immagina anche ad una forma ancora impressa accanto a lui, sullo stesso materasso. Una forma che ancora profuma di notte, l'immagina velatamente odorosa di tabacco fresco e di pineta. E mentre si stropiccia gli occhi per cercare di riprendere un contatto comprensibile col mondo, di prima mattina, vorrebbe vedere una figura nuda che si aggira barcollante nel corridoio che cerca di raggiungere la cucina per preparare un caffè. Un passo dopo l'altro, la figura poggia i suoi piedi (che sembrano almeno un quarantaquattro) sul pavimento, che potrebbe essere cotto fiorentino o parquet, in maniera vagamente sgraziata. Ma si sa che il mattino è mattino per tutti. E mentre le prime luci filtrano dalle veneziane, sempre che di veneziane si debba trattare, Adynaton capirà di essersi svegliato in un giorno qualunque, un qualunque giorno felice, e capirà di essere grato al sole e alla luna, agli amici, alla famiglia, alle pareti di quella stanza ancora pregna di essenze sensuali. </span></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">E così, dopo ogni visita, dopo ogni agente immobiliare, dopo ogni mano stretta indossando rigorosamente i pantaloni lunghi e la camicia per acquisire credibilità anche con i trenta e passa gradi di luglio, Adynaton valuta, soppesa, domanda, chiede se non è troppo indiscreto fare delle fotografie dell'appartamento, si affaccia al balcone per sentire se è troppo rumoroso, gira su se stesso nel corridoio che in gergo tecnico si chiama "disimpegno" per sentire lo spazio, verifica che la doppia esposizione garantisca effettivamente quella gradevole corrente d'aria che l'estate milanese nega barbaramente agli abitanti della città. </span></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">Domani Adynaton visiterà un altro appartamento. </span></span></div><div style="text-align: left;"><span class="Apple-style-span" style=""><span class="Apple-style-span" style="color: rgb(255, 255, 255);">Ma cercherà anche di capire definitivamente se la sgraziata figura mattutina che si aggirava nel corridoio corrisponda, in effetti, ad un viso già noto.</span></span></div></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-20668054929526803982009-06-28T18:39:00.003+02:002009-06-28T19:35:03.441+02:00My Huckleberry Friend<blockquote></blockquote><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivlScM6nQ4Nx60FxygsCXi9gp78dIl_3LBNDRKYxXEIMKcshS2I5K8tTRdftq-Wpix25aQs09v4qbs5N2JT0JSND3zYbf7SCFtfOr-FKXzq68K-IbAZKej6yZ8cACfWpERuEufHbp2ecQ/s1600-h/hollygolightly.jpg"><br /><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;width: 266px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivlScM6nQ4Nx60FxygsCXi9gp78dIl_3LBNDRKYxXEIMKcshS2I5K8tTRdftq-Wpix25aQs09v4qbs5N2JT0JSND3zYbf7SCFtfOr-FKXzq68K-IbAZKej6yZ8cACfWpERuEufHbp2ecQ/s320/hollygolightly.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5352421556207792226" /></a>Ci sono gesti fatti di spontanea semplicità. Ad essi ci si appresta con quella noncuranza che ne rispecchia la quotidianità. L'irrilevanza. <div>Ci sono i gesti che riceviamo dagli altri. Essi sono verbali, il più delle volte: sono singoli se concentrati in una sola parola, altrimenti si chiamano chiacchierate. E poi ci sono quelli fisici, non verbali. Uno sguardo, un bacio, una carezza. Questi sono i gesti fisici che amo di più perché veicolano attenzione, amore, affetto. Delle volte mi domando se io vivo più per riceverli, o per donarli. Ma ancora non sono arrivato a una conclusione.</div><div>Tuttavia, non è questo il punto.</div><div>Il punto è che i gesti, qualsiasi essi siano, presentano un radicale difetto: e cioè, la loro interpretazione. Non c'è gesto che non tradisca un'intenzione. Poi, è chiaro: alcuni gesti si interpretano con estrema semplicità. Se io regalo una rosa a te, è perché, in un modo o nell'altro, ti amo. Di certo non lo faccio perché non ti voglio bene, tutt'altro. Altri gesti, invece, sono più complicati da capire. E' come quando, a scuola, ci insegnavano come risolvere un'espressione di algebra. Dalle più facili, si finiva con quelle piene di parentesi di ogni tipo. La soluzione, c'era sempre. In questo le espressioni di algebra si differenziano dai gesti che le persone si scambiano. Non sempre è possibile arrivare ad una soluzione univoca ed inequivocabile. Ecco perché, spesso, ci consultiamo con le persone che più ci sono vicine e che sono più sincere con noi per cercare di capire se quello che noi pensiamo di un gesto sia una possibilità accettabile o meno. Insomma, si cerca un confronto, o un riscontro, o un'affinità di vedute. </div><div>A questo punto, viene da domandarsi perché noi cerchiamo certezze al di fuori di noi. Soprattutto, viene da domandarsi perché, tante volte, non ci sentiamo capaci di decifrare il significato di un gesto da soli. La risposta, credo, è che abbiamo paura di sbagliare ad interpretare solo col nostro intuito, perché non ci sentiamo infallibili in materia di intuizioni. Ma perché avere paura? A dire il vero non lo so con precisione. Potendo rispondere solo per me stesso, secondo la mia esperienza, direi che la paura ci viene perché abbiamo paura di perdere qualcosa, o qualcuno, o forse un desiderio, un'aspettativa, un sogno a lungo coltivato dentro di noi. E' normale, penso, che quando vedi qualcosa che piano piano sembra realizzarsi, come quando un fiore sta sbocciando, hai paura che sia solo un'illusione, e che tutto possa svanire all'improvviso. E' che non siamo capaci di fidarci del tutto degli altri, secondo me. Conosciamo noi stessi e il nostro grado di sincerità, ma non conosciamo abbastanza gli altri da poter dire con certezza di aver compreso appieno le loro intenzioni. E' per questo che, se io regalo una rosa a te, ho chiarissima la mia intenzione; ma se sei tu a regalare una rosa a me, io mi domando se l'hai fatto così, per fare, oppure se il tuo gesto è mosso dalle stesse sensazioni e dalle stesse emozioni che provo io. Da dove vengano le paturnie, purtroppo non ne ho idea. Forse è il nostro passato che ci suggerisce alcune esperienze già vissute. Per questa ragione noi andiamo dagli psicologi, perché ci aiutano a dare un significato al nostro passato, in modo da etichettarlo, accettarlo, metterlo in un baule e chiuderlo nella memoria a doppia mandata. </div><div>Non è giusto, però, che si debba vivere con queste paturnie. Il nostro passato è passato, perché continuare a incaponirci su cose che non per forza devono ritornare? Non è forse vero che tutti siamo diversi, e nessuno è uguale a un altro? Forse allora vale la pena di dimenticare le brutte esperienze vissute. Forse vale la pena di sperare di andare insieme nella stessa direzione. Certo, spenderemo sicuramente un pezzetto di cuore, magari qualche lacrima scesa a tradimento dagli occhi. Ma io voglio esortare me stesso, e voi, e tutti, anche se siete un po' inquieti come me quest'oggi, a vedere le cose in positivo. Anche se ci sembra di avere uno spesso banco di nebbia dinanzi alla vista. Il futuro è imprevedibile, e a volte regala anche delle sorprese inaspettate. Un po' come quando ci pare impossibile che meno per meno fa più: eppure è così! </div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">"Two drifters off to see the world,</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">there's such a lot of world to see.</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">We're after the same rainbows end</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">and waiting round the bend,</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">my huckleberry friend, Moon River, and me."</span></div><div><blockquote></blockquote><br /></div><div><blockquote></blockquote><br /></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-21033050199561519852009-05-30T00:59:00.002+02:002009-05-30T01:26:07.699+02:00Presenze, Bagliori<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijENBYwB1LC4uxuAwl_OwkKIFV7dWzm7NtmnzSC1pdEChNjp2eQ17eW2R9zTSktJ_vYQKplW3QycTWquMjs9qA1LyajNCFSD76eA2Dx8HjypXHaVHIf7qIVm0BkGTF_pbqEt9boBDnxHw/s1600-h/fumo,bocca.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 257px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijENBYwB1LC4uxuAwl_OwkKIFV7dWzm7NtmnzSC1pdEChNjp2eQ17eW2R9zTSktJ_vYQKplW3QycTWquMjs9qA1LyajNCFSD76eA2Dx8HjypXHaVHIf7qIVm0BkGTF_pbqEt9boBDnxHw/s320/fumo,bocca.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5341384809267263522" /></a>In un tenue barlume di note, quando le luci si abbassano, è più facile vedere le rare lucciole: nascoste nel roseto di un'essenza disperatamente breve, esse conducono agli occhi il miracolo di bagliori intermittenti, come mirabili granelli di seta iridescente; di quella mantengono la fragranza esotica, la curva sinuosa, il moto continuo di ogni fibra che la tiene insieme. Mi sono sorpreso nello scorgerne una, che sembrava sorreggere la notte col suo timido volo, l'altra sera, tra le tenebre di un albero notturno: era serena. Fluttuava incurante del turgido buio, come un lampione che affonda la sua anima in una trincea scavata nel cemento; così ne veniva a me quell'identica fierezza, nel suo sparire e riapparire perpetuo, nell'inutile certezza del suo essere effimera, e tuttavia non turbata, non terrorizzata. <div>Quel motivo fatto di aeree rotazioni e intarsi luminosi ha varcato la soglia dei sensi, spinta più in là dalla vita che le avrei tributato come restante; nel bizzarro tentativo di annotarne su un taccuino immaginario l'epitaffio, è balenata a fior di pelle l'idea che l'uomo concepisce della durata e della persistenza. L'importanza del tempo che ci rimane non ha forse lo stesso influsso d'una carrozza che già sbuffa e che non attende il passeggero ritardatario? La paura feconda il tempo del suo seme nefasto, e genera la fretta, l'ansia di giungere - e il dove non conta. La miriade di stelle continua a scintillare presso il cielo scosso dagli orologi. </div><div>Poi, d'improvviso, un rintocco solenne urta il mio petto dall'interno. Vedo le mie labbra, i miei denti, la mia lingua riflessi in uno specchio, stretti nell'espressione contrita del disappunto. Scopro che non amo il tempo, che soffro le attese, che lamento il ritardo, e compiango la mia misera condizione di essere immerso in un fluido abrasivo. Il tempo. E mi logora, smussa gli angoli dell'anima, chiude le grotte, si spacca in crepacci profondi. Cerco di inoltrarmi e vedo le vite degli altri nella mia vita, racchiuse in una bolla di fragilissimo vetro; non resisto, la rompo, e quelle ne schizzano fuori come impazzite. Brillano nel buio delle mie caverne: sono lucciole, e tracciano la loro scia in un buio che olezza di chiuso e di muffa. Ma ora spandono un nuovo balsamo, più dolce, più gradevole, simile a quello dei semi di girasole nei campi di maggio. </div><div>Le lucciole sono passate di qua, ne sono sicuro: c'è ancora profumo di polvere di stelle. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-53793070911257240852009-05-11T03:15:00.003+02:002009-05-11T03:48:49.815+02:00Ipertrofie Sensoriali<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiwPNRRXE2cE8yMkn59l1j_iLeZ-ddGXXOuC0nB_bpt7Ny6cRmE57t7YX9cPctn07b2szcjzB99jYmATT2OwRWeSU4RK4SEoCtPcWzKmJln10-N1Y_NvH_yxHV53kx4WY9AKFWJj2rYd8/s1600-h/IncassatoFiorentino.JPG"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiwPNRRXE2cE8yMkn59l1j_iLeZ-ddGXXOuC0nB_bpt7Ny6cRmE57t7YX9cPctn07b2szcjzB99jYmATT2OwRWeSU4RK4SEoCtPcWzKmJln10-N1Y_NvH_yxHV53kx4WY9AKFWJj2rYd8/s320/IncassatoFiorentino.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5334369436949109906" /></a>Lo sguardo bieco dei cieli nuvolosi spande sulla terra stillanti profumi di pane croccante e farina. La vita intorno, quella dei venditori di fiori al bordo della strada, e quella della donna allampanata che se ne sta, raminga e impiastricciata di trucco, vicina al solito semaforo, non sembra essersi fermata; così la sensazione del ritorno è rimasta come congelata, banalizzata dall'immobile quotidianità di una Milano già calda di prima estate. La cavalcata interiore del mio orgoglio e della gioia è andata in crescendo al piccolo trotto, avvalendosi del diritto di una certa predestinazione; è quando si ha l'impressione che il destino ci abbia posato la sua mano carezzevole sulla nuca, e anziché colpire, si sia limitato a sfiorare dolcemente, con atteggiamento quasi paterno e protettivo. Con gli occhi socchiusi e le spalle rilassate ho goduto della fortuna che mi era capitata, senza mai separarmi da quel senso di franchezza che accompagnava il mio viaggio insieme a lei. Sovrapponendosi alle immagini della mente, le figure di un ambiente noto eppur nuovo perché vissuto in maniera più autentica e durevole hanno fatto da sfondo ai tanti giorni, ancorché pochi, in cui il sogno si è materializzato in una piccola, ma palpitante realtà. Al passaggio in via de' Cerchi tutto sembrava rivestito di un'aureola dorata di sole. In me ha rivissuto la città vecchia, ammantandosi dei suoi atavici conflitti e del suo splendore rinascimentale che oggi ne atrofizza la muscolatura sopita dal fasto passato. Così io, nuovo, abbigliato in vesti inconsuete, pestando con le suole il mattone e la pietra e il marmo antico, finalmente dispiegato all'aria del maggio già odoroso come una vela alla brezza marina. <div>In poche immagini catturate al tempo e al vento incostante riconosco la mia larva che non sa ancora parlare, che non sa ancora camminare; l'osservo con una tenerezza indicibile, quella parte di me che stenta a sbattere le ali. Penso che così si senta la madre di un cucciolo, che tramuta la sua apprensione nella calda accoglienza del suo seno, memore del piccolo che le è stato strappato dalla morte e per cui ancora si duole, d'una colpa che non si decide a perdonare a se stessa. </div><div>Sto comprendendo che non sbaglio a rivalutare negativamente certi aspetti della mia storia. Per essa ho scritto e parlato, per darle voce ho prestato il mio corpo, e le mani e le gambe e il petto. Non provo rabbia. O rimorso, né rimpianto. L'eco lontana dell'ultima lacrima si spegne in una grotta che forse non sarà più scoperchiata; forse che ai recessi del cuore non è dato riemergere? La vaghezza la cerco fuori da me, in uno sguardo o in una parola detta con maliziosa voluttà; la trovo nell'ultimo bicchiere vuotato mentre il mio mondo si squaderna sotto ai miei occhi, e con un sorriso l'arrotolo come una mappa che ormai non serve più, ché la strada è già trovata, l'orientamento è ormai recuperato. </div><div>In questo istante io capisco, io so che dipendo solo da me stesso e dalle mie azioni; io capisco che la paura di essere il vero responsabile è, in verità, il preludio allo schiudersi d'un uovo. Allora il guscio sarà finalmente rotto. Io capisco che devo ricacciare indietro il timore delle scelte della vita. Io imparo stanotte il valore del coraggio che finora m'è mancato. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-47580928592884666592009-04-19T02:01:00.004+02:002009-04-19T19:52:30.308+02:00Esperanza<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqQw-zG7_3mv-OqCemH7yxIUNO_y0LshBghdqwZ_WQUKArZYdg3RDqTdQFU6uDY11vWbqIbiwsTWYvsI-epyINoNfIDXSeYty-EUCNlsqz3fbwpvzKTFgM1eiZCaePQXbqQQJE8XfLv8c/s1600-h/ritaglio.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 190px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqQw-zG7_3mv-OqCemH7yxIUNO_y0LshBghdqwZ_WQUKArZYdg3RDqTdQFU6uDY11vWbqIbiwsTWYvsI-epyINoNfIDXSeYty-EUCNlsqz3fbwpvzKTFgM1eiZCaePQXbqQQJE8XfLv8c/s320/ritaglio.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5326185989700760338" /></a>Ci sono giorni in cui la pioggia è anestetica. Bagna ogni cosa con fervente solerzia, produce un ronzio sordo, rotto solo di tanto in tanto da un bagliore; e allora arriva il temporale. Le gocce si fanno sempre più fitte, picchiettando come impalpabili scalpelli la nuda pietra. Ciascuna fibra organica o inorganica s'impregna di liquido celeste, si scuote nell'aria umida cercando di divincolarsi dall'acqua, e vi riesce, ma solo in apparenza; quella penetra nel profondo e la alimenta, le dà vita per resistere al prossimo sole che si cimenterà nel tentativo di seccarla. <div>Il mondo su cui piove, e che lascia filtrare in sé gli scrosci stillanti come crema di latte che versa da un seno: ecco l'immagine che ho oggi di me stesso, in questo domenicale pomeriggio fiaccato dal grigiore; eccomi lì a nutrirmi malvolentieri di un succo d'ignota provenienza - so solo che giunge dall'alto, ma le nubi non mi convincono in pieno; ecco il gambo, ecco lo stelo che cerca di spuntare dal mio cuore; ma il cuore non è più fertile terra, è ora sabbia e sale e indocile granito. S'è spenta adagio la flebile luce, come tenere labbra si chiudono dopo un bacio intimidito da labbra più esperte. Sono bocche avide e mani rapaci, e sgualciti indumenti volare su pavimenti dalla variegata geografia; e conoscere a memoria la mappa di un corpo familiare, ogni scossone, ogni reazione; e il sussultare al pensiero di una lingua calda che percorre un versante del collo, e lentamente sfiorare una nuca, una spalla, un capezzolo; e gli oggetti stessi che sospirano atmosfere di conturbante intimità, quando il pudore è rimasto a sgocciolare dietro l'appendiabiti; questo il mio latte, questo il mio odierno nutrimento. Ai miei virgulti ho dato cibo pregiato che non posso più permettermi di elargire. La dispensa si è riempita all'improvviso di ricordi sconsiderati, inappropriati, inestimabili, e in un baleno ha ripreso a svuotarsi nuovamente, io bulimica creatura, io spezzato, vergato, disarticolato essere, terra inospitale, corpo freddo, casa abbandonata. Penso così che l'uomo sia come un albero malato, il quale cerca di resistere alla sega avida di potatura; e l'albero non può niente, lascia che il metallo recida il ramo inaridito, piluccato da famelici insetti dove una volta fiori preziosi innalzavano il verde all'idea più perfetta di perfezione. Il ramo cadendo solleva le polveri, sembra di udire un grido che si duole dell'amputazione del suo arto, come l'uomo lamenta la perdita dell'amore: a volte nell'urlo, ma spesso sommessamente, imperlandosi dell'inutile dignità agli occhi di se stesso, occhi ancora umidi di una lacrima che tarderà a discendere. </div><div>Ma poi arriva la pioggia, nuovamente, a sciacquare il rossore delle guance, le mani violacee di vene rilevate dal battito. La pioggia si porta via le navi che solcano, raminghe, il mare dell'anima. La quiete torna a tamburellare sui vetri della stanza, il fumo riprende a volteggiare verso l'alto, le note di Esperanza Spalding ritornano ad essere carezze d'inattesa consolazione, anch'esse anestetiche, come la pioggia che lava il mio sguardo ferito, quello di un cucciolo che si lecca la zampetta piagata, ma già pensa al gioco futuro che l'aspetta, incurante del presente perché non ne concepisce l'entità o il valore. Gozzoviglia la natura, banchettano le foglie, si dissetano i terricci, risvegliate le chiocciole, anche questo giorno sta finendo, e io aspetto il fiorire del Giglio. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-42391931176721650112009-03-15T21:27:00.005+02:002009-03-15T22:15:58.988+02:00L'ultima chicane<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvEyNks2cAWkhRg5A54ovFGlQ1TD9Otvlbcac5koQwHiuQuERpmKPtnYFw1oktUrR6YJdLhqU2M7vo9e4WgiZPhAhW80pXJmqpSnSk30C9B9gmawzTgFP2KwodyxJwAnRT_cbFMlwuQC8/s1600-h/light.JPG"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvEyNks2cAWkhRg5A54ovFGlQ1TD9Otvlbcac5koQwHiuQuERpmKPtnYFw1oktUrR6YJdLhqU2M7vo9e4WgiZPhAhW80pXJmqpSnSk30C9B9gmawzTgFP2KwodyxJwAnRT_cbFMlwuQC8/s320/light.JPG" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5313500718147141666" /></a>C'è chi guarda il mondo seduto su un marciapiede, in una notte vuota di luna e stelle, in cui le auto hanno dimenticato di accendere i fari eppure continuano a scivolare sull'asfalto delle strade. E come quello che è seduto, ti ritrovi con la schiena poggiata su una fredda saracinesca annerita dal tempo e non vedi veramente, ma percepisci il movimento solerte e rumoroso di quelle ruote che macinano e schiacciano sassolini come olive nel frantoio. Poi ti accorgi che non sono le auto, e il marciapiede non esiste e il buio è solo quello della tua stanza che sembra accogliente per gli altri per sua stessa natura; così, immerso in questo boudoir denso di fumo caldo e sensazioni, le voci degli altri volteggiano ovattate nelle tue orecchie, eco lontane di discorsi poco interessanti eppure restii a tacere.<div>Sento l'odore dell'ultima curva di un circuito intrapreso tre anni e mezzo fa, quando un ragazzino diciannovenne ed ebbro di curiosità si inoltrava sotto volte a botte e a crociera, scolpite da mani sapienti già secoli fa, o per i chiostri immacolati, resi bizantineggianti da una luce di ottone, il sole dell'ultimo settembre: lo scalpiccio delle mie scarpe dalle suole di gomma, la gamba del jeans che strisciava nel cortile, il peso esatto di una borsa a tracolla patchwork, una kefiah avvolta intorno al collo forse per sembrare un po' più di sinistra. Guardo la scena e il sottofondo discreto è quello di un carillon che suonava il "Bolero" di Ravel. Guardo da fuori e riconosco me stesso agli albori di un percorso che si sarebbe rivelato tremendamente tortuoso di lì a qualche mese, con poche pianure e fitti tornanti ghiaiosi, infidi. </div><div>A volte mi sento come Orfeo per questa mia ingrata tendenza a voltarmi all'indietro, e come lui sono risucchiato da immagini che mi fanno dimenticare che la mia strada è davanti a me, e con lei la luce, la fine di una foresta che forse è piuttosto un giardino botanico che io stesso ho coltivato, con paziente e sadica convinzione. La patetica visione di obliate memorie giovanili mi stordisce come i gigli in una chiesa ubriacano la sposa anemica, e mi ritrovo a constatare che sì, quello è passato, e davanti a me ho ancora nuove porte da sfondare, e dentro di me nuove stanze da aprire, rinfrescare, preparare per il nuovo e ignoto ospite. </div><div>Avrei voluto essere più sereno, avrei voluto prendere la vita con maggior leggerezza, far soffrire meno persone di quelle che ho straziato, farne soffrire di più di quelle che ho invece risparmiato. Mi concedo ancora qualche minuto al tiepido sole di marzo, solo. Il posto accanto a me ha ancora impressa la placida forma di un corpo umano sopra i fili d'erba; ma il battito cardiaco rumoreggia nel petto e presagisce lo scoppio, io vorrei smantellare ogni costruzione, abbattere ogni casa, distruggere ogni oggetto, strappare le pagine di un lavoro che mi è costato un anno di ricerche per il solo gusto di vedere pezzi della mia vita consumarsi lentamente in cenere e fiamme. Poi mi fermo lì. Resto in piedi davanti al film delle mie iniquità e spengo con un gesto fulmineo, isterico, lo schermo. E ancora, e ancora, e ancora, invano, perché quello continua a scorrere, e vedo l'incendio propagarsi senza più il sonoro, ma sempre tremulo, palpitante. </div><div>Tra quattro giorni io mi laureo, e il cuore mi fa malissimo.</div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-20585359071276522332009-02-19T20:23:00.004+02:002009-02-19T21:02:05.221+02:00Febbre<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUYSTQytZQIygGNCnY7P243aK89lLKoqubH0CkKPvxKnoqox487VNV4nW5JZHacJV1r4XbLnbDjBm-gLSJFx3LlyTqUdvO2a6ytmjPnm9EfMxYGpAD1VtMdX5g2zfIpqTRCoNKJIAH69E/s1600-h/brionvega_ts522.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 285px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUYSTQytZQIygGNCnY7P243aK89lLKoqubH0CkKPvxKnoqox487VNV4nW5JZHacJV1r4XbLnbDjBm-gLSJFx3LlyTqUdvO2a6ytmjPnm9EfMxYGpAD1VtMdX5g2zfIpqTRCoNKJIAH69E/s320/brionvega_ts522.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5304577363733914322" /></a>S'è fatto febbraio già da un po'. Sono sottotono, lo ammetto, e il perché non lo so neppure io; ma tant'è, quest'anno va così, mettiamo in tasca e facciamo "ciao" con la manina. Però ho fatto cose buone. Ad esempio, ho finito di scrivere la tesi e già mi lodo e mi sbrodo da solo, come direbbe mia madre (che ama pure "ti faccio vedere i sorci verdi", ma i suoi alunni, poveretti, non capiscono). Ora è tra le mani del relatore, e mercoledì vediamo quanti segnacci rossi compariranno tra le pagine del sacro manoscritto: sì, lo chiamo "manoscritto", e lo pronuncio con voce strozzata e sforzata come lo direbbe un demone. <div>Sono tempi di attesa. Direi che sì, Attesa è proprio una stagione della mia vita, è come una festa cristiana, come l'Avvento, il Natale, la Santa Pasqua o la Pentecoste: anche lì si attende che avvenga qualcosa, un miracolo, una nascita, o chissà cos'altro, e mentre un periodo scuro si chiude, l'evento aprirà una nuova era per gli uomini e le donne di buona volontà, il buio si chiude, la luce si apre, il mondo ricomincia da capo. </div><div>Ma io, che non attendo il giudizio e non temo la condanna, vivo il mio momento con una fiacca resistenza agli accadimenti. Non gioisco, non sorrido al pensiero della novità, guardo i miei piedi e mi domando perché agli uomini hanno fatto credere che si poteva volare, una vera crudeltà; io vivo aspettando qualcosa che succeda e mi colpisca forte forte sulla testa, e che ne faccia schizzare fuori questa placida indifferenza alle cose che prima erano importanti, ai gesti che contavano davvero. Tutto è come avvolto in una veste di nebbia perenne e che non mi fa vedere, e sì che la nebbia esercitava su di me il suo fascino velato di mistero e di scoperta. </div><div>Passo ore ed ore ad ascoltare Kate Bush. La sento così vicina, così perfetta, mi rassicura. Lei canta e sembra capire, perché mi viene incontro continuamente e mi accarezza con il canto e la melodia. Come una piccola luce. Come una flebile voce. </div><div>Così finisce che mi addormento per un po'. Vorrei non ricordare i miei sogni perché mi turbano e mi mettono continuamente davanti a me stesso, nella loro verità. Sogno di perdere un aereo verso una meta e di scoprire di avere qualcuno alle spalle, come se già sapesse da parecchio tempo. E allora non so se quella figura corrisponde a qualcuno, o se forse non sono proprio io che mi guardo da fuori e osservo la mia piccola disfatta. Poi un telefono squilla, l'instant messenger trilla, il cellulare vibra, la testa è brilla, io mi risveglio. </div><div>Riprendo a camminare in silenzio. Poi scorgo una vetrina dietro cui c'è il regalo perfetto per lui, sapete, domani si laurea, e io sto così. Vabbè. Decido di comprare quello che è l'oggetto del suo desiderio da anni ormai, lasciando nel negozio il mio secondo "ministipendio". E un rene. Ma farà la sua felicità. E la nostra? </div><div>A volte un bel dono fa sorgere sulle labbra dell'amato un sorriso di stupore e occhi illuminati. </div><div>E copre, lentamente, il fuoco che hai dentro, e non lasci che siano le parole a uscire, ma solo i denti nella bocca. A me ricorda, quel dono, questo dono, di tutti i miei ritardi, dei miei viaggi su frequenze diverse, del mio aprirmi e chiudermi a seconda delle mani che mi toccavano. </div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com21tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-73595062160113024012009-01-20T01:58:00.004+02:002009-01-20T02:50:59.808+02:00Nox Nebulosa et Mediaevalia<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqhAkhIvVrssX12TQETFjthfJUnDYujA2k-jtf6MXDU1d3LfLBZ17vAuf_fBxF6ynsGkUrV24ZsFjPgWeK8ZKEbiT2BohhcPDQRa3XowwZUN0i1nLa8RGlEfJU3KheAUyGV1vvF1hWgSg/s1600-h/Duomo.jpg"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;width: 240px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqhAkhIvVrssX12TQETFjthfJUnDYujA2k-jtf6MXDU1d3LfLBZ17vAuf_fBxF6ynsGkUrV24ZsFjPgWeK8ZKEbiT2BohhcPDQRa3XowwZUN0i1nLa8RGlEfJU3KheAUyGV1vvF1hWgSg/s320/Duomo.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5293158955599585682" /></a>E' così strano pedalare quando la città è avvolta dalla nebbia e dal buio. L'impressione è quella di entrare in una nube gonfia d'acqua e di fenderla, proprio come una lama affilata taglierebbe uno sbuffo di vapore. Milano è in questo frangente una nuvola gelida e ariosa, la terra esala sospiri silenziosi da ossa sepolte chissà quando; gli sporadici alberi longilinei si attorcigliano gli uni con gli altri formando un intrico di legno umido e ghiaccio. A volte mi sembrano braccia umane, innervate, che si intrecciano tra di loro. Sfreccio per Corso Sempione a cavallo delle rotaie di un tram che non può più passare, e mentre la sequenza di lanterne notturne crea mille e mille ombre nuove ed effimere, ma sempre identiche alle precedenti, la mia mente vola a tempi ormai dimenticati. <div>E in fondo all'ultimo banco di fittissima foschia, proprio oltre il Parco, non c'è più il grande ago che contraddistingue piazzale Cadorna, e via Dante, piazza Cordusio, piazza dei Mercanti, non sono più lì, non è una notte d'inverno del 2009, ma un'afosa mattina inoltrata di maggio, o forse di giugno, del 1276 in una Arras in tumulto per celebrare la Vergine, tra commercianti di finissimi arazzi che caricano le merci da esporre alla Foire de Champagne. Passando per vicoli sterrati e viuzze lastricate, gli stuoli di donne della Waranche, rumorose e civettuole, come ogni mattina intonano un canto popolare mentre si apprestano alla tintura dei panni; in testa a tutte c'è Alice dal Dragone, che parla per quattro e zitta non sa stare; alla finestra della sua casetta, Mastro Enrico chiama a sé il medico della città per sincerarsi di non aver la gotta. "La malattia vostra si chiama avarizia, signore!", Egidio e Nanni se la ridono di gusto a sentir borbottare il vecchio spilorcio. E' passato appena mezzodì, ma la sguaiata Dama Dolce ancora non rientra dal bosco: si dice ch'abbia una volta incontrato il Diavolo e con lui si sia accoppiata senza pudore, e da allora, tutte le notti, non può fare a meno di recarsi alla Croce del Prato assieme ad altre donne di malaffare per qualche diabolico consesso. Oggi nessuno più parla con Dama Dolce, tranne la bella Maria, o Marote, o Maroie: comunque voi la chiamiate, lei si volterà di certo e col suo sorriso di perla tra le labbra scarlatte vi farà una umile riverenza. Non v'è più bella creatura in tutto l'Artois, si dice, e nemmeno in Fiandra; ha ben ragione quel briccone di Richieri a dannarsi l'anima per non averle chiesto la mano tre anni or sono, e adesso si dispera al pensiero della sua moglie bisbetica e credulona. La verità fu che, in un fresco giorno di settembre, mentre le foglie d'autunno le contendevano il vermiglio delle gote e la grazia del passo di Maroie, essa andò in sposa ad Adam, abile poeta, amante impareggiabile, cantore dell'amor cortese. Quel giorno gli occhi suoi brillavano al tiepido raggio del sole. Eppure oggi Adam se ne sta solo, con intorno alle spalle il mantello di chi studia e l'abito di chi tutto il dì prega e ricopia chino allo scrittoio. Sogna Parigi, lo sventurato, come l'uccello sogna di ricongiungersi allo stormo che vola verso il Sud. Oggi egli rinnega la poesia, gli amici suoi e la donna che più non lo avvince. Guarda lontano verso la sua meta, al che tutti coloro che più l'amano gli si fanno dappresso, pieni di dubbio e curiosità... Sicché Adam s'alza ritto in piedi, si volta e il manto gli fa un'onda attorno al corpo mentre esclama: "Signori, sapete perché mi son cambiato d'abito?". </div><div>Ma il resto della storia non si può rivelare. Dirò solo che tra poco raggiungeranno la cricca il vecchio monaco vagante devoto a sant'Acario, del quale reca le reliquie in una cassetta, e il pazzo spergiuro della città col suo povero padre spazientito. </div><div>Io sono ormai arrivato al portone della mia casa, che è di nuovo a Milano, di nuovo in questa fredda notte di gennaio; infilo la chiave nella toppa e ripongo la bici al suo solito posticino nel sottoscala, e il seguito della tesi lo scriverò domani.</div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-7192830505459834310.post-19755353893963962852008-12-31T02:47:00.003+02:002008-12-31T03:36:01.706+02:00In attesa della prossima stazione<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDairhCA04pI9Shwi-dmIuhYYQqWynp7HZ9WJfOujYAxAydbWDGPk4aAimV0t6UkFIr11RiXb7730AFfFEUCc8-V56R1jmw7qJzIDsqLCZ_mHgZwCq3Bd_5w3_u4s9Cgk8aZ4tqrbNwTI/s1600-h/fine+anno.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDairhCA04pI9Shwi-dmIuhYYQqWynp7HZ9WJfOujYAxAydbWDGPk4aAimV0t6UkFIr11RiXb7730AFfFEUCc8-V56R1jmw7qJzIDsqLCZ_mHgZwCq3Bd_5w3_u4s9Cgk8aZ4tqrbNwTI/s320/fine+anno.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5285750937626872050" /></a>Per una notte che se ne va c'è sempre un giorno che arriva, penso: come in una gigantesca stazione gremita di passeggeri ansanti e scontrosi, coi treni color fumo e le portiere di cangiante metallo che si aprono, poi si chiudono, si riaprono e infine si richiudono definitivamente, e non c'è più modo di salire a bordo, con o senza posto, provvisti o meno di biglietto, carichi di bagagli o con le tasche vuote. Come treni, come su infinite rotaie vaga il mio pensiero sussurrante: non può gridare, teme di svegliare qualcuno. Si approssima con passo felpato all'ultima candela che sembra bruciare a ritroso; con un flebile soffio ne trae a sé l'ultimo sussulto, prima che sia troppo tardi e le tenebre troppo buie. Nella casa che ora tace, neppure l'impercettibile musica trova più le parole cui legarsi; ogni afflato è risparmiato e si prepara a nuovi e più profondi sospiri; l'ultima pagina di un calendario pregno d'umidità si accartoccia contrita dinanzi al suo prossimo spirare. I fondi del caffé si induriscono sull'acciaio dei cucchiaini dimenticati, la sigaretta estingue il suo ultimo debito con il fumatore impaziente di nuove ed esaltanti destinazioni. <div>Un orologio mi ricorda i miei ritardi, e l'acqua la sete che non ho più. Una penna le impressioni trascritte su un foglio, e il foglio la fuggevole ispirazione che non si lascia abbindolare da sudicie mani. Ogni moneta mi rammenta la sua essenza bifronte. Ogni cosa mi riporta al suo lato nascosto, e nel frattempo serro stretta la cerniera di una valigia di poco valore. Poche cose al suo interno: non c'è stato il modo di cercarle tutte, selezionarle, ripiegarle, suddividerle per categorie. Questa notte si parte per un altro viaggio e non c'è tempo per. Non c'è tempo per. </div><div>Spalanco la finestra, l'aria è quella giusta, è quella dell'ultimo giorno: è pungente, preannuncia una gelata. Nel mio pugno, brandelli di carta su cui ho trascritto i miei desideri. Al vento carezzevole di spilli, schiudo lentamente le mie dita ed ecco, le mie speranze volteggiano nel vuoto come farfalle bianchissime. </div><div>Ritraggo il braccio sferzato dal freddo e richiudo la persiana. Con accortezza, mi metto un berretto e la sciarpa al collo, col doppio nodo. Congiungo l'ultimo bottone alla sua asola e socchiudo la porta che, anche stavolta, ha cigolato. Ma il mio passato sta dormendo profondamente e non s'è accorto di nulla. Un lieve odore di neve scivola nella serratura, ed io sono già in strada. </div><div>Guardo in avanti e muovo il primo passo. </div><div>C'è un treno che aspetta l'ultimo pendolare di questa vita che sta per ripartire. </div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">Bevete un bicchiere alla mia salute,</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">e sorridete a chi vi sta accanto:</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">io vado incontro ai miei sogni,</span></div><div style="text-align: center;"><span class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">vi scriverò presto il mio nuovo domicilio.</span></div>Adynaton86http://www.blogger.com/profile/17618614613754069199noreply@blogger.com13