lunedì 8 gennaio 2007

De Profundiis

L'Aspettativa è il peggior fardello che l'uomo deve portare con sè sin dalla nascita. Per essere ancora più precisi (e scaltri), se ne deve fare carico anche da prima, fin da quando non ha che le dimensioni di un unghia ed un cervello grande quanto un granello di polvere.
La Mamma ed il Papà, felici e spensierati per il lieto evento, cominceranno a stilare l'elenco dei nomi, prima ancora di conoscere il sesso del nascituro. Sarà un maschio o una femmina? Marcello, Francesca, Alessandra, Paolo, Sabrina, Federico, Patrizia, Andrea, in un delirante turbinio di nominativi aleatori e trasognati, mentre la povera creatura cerca di farsi spazio tra le ossa dello stretto bacino della donna che lo porta in grembo.
E' ancora un feto, eppure tutti si aspettano grandi cose da quell'esserino spaurito che ancora non ha cognizione nemmeno di se stesso. Farà il calciatore. No, meglio ingegnere aerospaziale. E se fosse un grande letterato? Ma perché non manager di successo? Però anche l'attore di cinema. O il cuoco, ma certo! Ma giacché ci siamo, stiliamo pure il menù del pranzo di nozze, ché tanto non guasta a nessuno. Tutta questa agitazione, spalmata ossessivamente nell'arco dei nove mesi di gravidanza, comincia a puzzare alla creaturina, la quale, con cipiglio dubbioso, inizia a scalciare in segno di protesta, ma la sua lamentela è interpretata da tutti come un felice segnale di vita: è chiaro, non vede l'ora di uscire! Macché, vorrebbe invece rispondere da lì dentro: io ho già capito tutto, e là fuori non ci vengo proprio!
Purtroppo, però, il momento di venire alla luce arriva per tutti. E così, alla prima boccata d'aria, quello si rende conto di essere arrivato laddove non voleva andare a nessun costo, e che altro può fare se non scoppiare in un pianto disperato? E anche in questo caso, tutti diranno: oh, piange! E' sano! Sano come un pesce, sarà felice! Mentre quello si guarderà intorno in preda al panico più totale, rendendosi conto che, una volta usciti dal già poco rassicurante pancione materno, non si può più rientrare.
Passano gli anni. Si aspettano che il bambino sia recettivo e che capisca tutte quelle facce da idioti che cercano di divertirlo. Badate bene, le risate di ritorno sono solo un modo come un altro di fare "buon viso a cattivo gioco". Si aspettano che il poveretto mangi quelle pappe disgustose e color vomito. Che giochi con le palline colorate, nonostante il reparto cristalleria sia inevitabilmente molto più interessante persino a prima vista.
Il tempo della scuola. Deve avere voti buoni, anzi, possibilmente ottimi sulla pagella. E se all'inizio il rendimento scolastico conta relativamente poco, più si va avanti con gli anni, più cominciano a pesare le valutazioni. E allora, giù tutti a studiare, perché sarebbe da incoscienti non aprire i libri e non andare in un istituto dove la maggior parte degli insegnanti dimostra un'incompetenza primordiale! E poi studiare serve al futuro.
Già, il futuro, ma il futuro di chi? Ma se hanno già deciso tutto loro!
E quando finalmente sembra tutto finito, quando ogni cosa sembra tornare al posto giusto, quando l'ormai ex-bambino crede che, con la fase di ribellione adolescenziale, le Aspettative dei genitori siano ormai state messe a tacere, arriva la seconda, grande fregatura della vita: l'Ormone, e di lì a poco il passo per l'amore è breve. Così, un bel giorno di primavera, una persona qualunque ci sembrerà la più straordinaria di tutte; e col coraggio di un leone, dimentico di tutto ciò di cui si è già dovuto far carico sino ad allora, sarà pronto a sobbarcarsi persino le Aspettative di un/una perfetto/a sconosciuto/a: promettimi che sarà amore eterno, promettimi di non tradirmi, che non avrai nessuno all'infuori di me, che andremo insieme al cinema la settimana prossima, che sarai sempre dolce e gentile e passionale e tutto il resto.
Ma non finisce qui. Perché poi ci sarà un lavoro, e con esso un superiore che si aspetterà che svolga le sue mansioni in modo ineccepibile. Forse avrà dei figli, e questi si aspetteranno giustamente di essere amati e di avere una congrua paghetta settimanale per farsi i cazzi loro e per mandarlo a quel paese tutte le volte che vogliono. Tanto sono figli, e il cuore di Mamma e Papà è tanto grande.
Ma che vita è mai questa?
Che razza di senso ha vivere, se dobbiamo continuamente pensare a ciò che gli altri si aspettano da noi? Se ad ogni azione che ci rende felici, mettiamo le basi per l'altrui disperazione? Se per dare a qualcuno, togliamo a qualcun'altro? Che senso ha dire le cose come stanno, se poi coloro cui ci rivolgiamo continuano a costruire su di noi le loro aspettative, stabili e durature come castelli di carte nella tramontana?
Non ha senso una vita in cui bisogna preoccuparsi esclusivamente di trovare delle giustificazioni per noi stessi, per le nostre scelte, persino per i nostri sentimenti (e quelli, vi assicuro, non li possiamo proprio controllare).
Non c'è logica in questo mondo perverso, perché tutti si aspettano qualcosa da noi, come se fosse lo scotto da pagare per essere nati, e nessuno è mai disposto ad accontentarsi di quello che siamo e di quanto siamo disposti a dare. Tutti esigono di più, ma poi cosa rimane di noi, se non un mucchio di parole pronunciate per discolparci di qualsiasi azione, anche incolpevole?
Oggi è l'ultima volta, lo giuro e lo ribadisco. E' l'ultima volta che giustifico le mie scelte. Ogni volta mi faccio in quattro per far capire agli altri le mie intenzioni e le relative decisioni, ma sono troppe le persone che si ostinano a volermi vedere come qualcosa che non sono; poi finiscono per rimanerci male, a volte soffrono addirittura, e mi domandano perché le cose non siano andate come speravano loro. Ora basta. Da oggi me ne lavo le mani. Chi vuol capire, che capisca. A buon intenditor, poche parole.
Anzi, nessuna.

8 Commenti:

Blogger Padda ha detto...

Come sempre un post magnifico con parole che fanno riflettere.
C'è poco da commentare, se non con un "coraggio!", anche se non è il nostro coraggio ciò che serve, forse servirebbe solo l'altrui comprensione.
Ed è tragicamente vero ciò che dici: tutti si aspettano sempre di più, e forse noi per primi ci aspettiamo di più dalle persone che ci circondano.
Se imparassimo tutti a non ragionare sempre con il nostro cervello, ma a calarci invece nelle dinamiche di coloro che sono diversi da noi, forse accettare le scelte di chi ci sta vicino diventerebbe meno traumatico. Il problema è riuscire a mettere da parte il nostro orgoglio per comprendere la felicità degli altri, ed in questo purtroppo non tutti sono proprio dei maestri.

8 gennaio 2007 alle ore 01:25:00 GMT+2  
Blogger I fiori nella vasca ha detto...

Mi sento un pò in colpa dopo aver letto questo post..:(
Son piccolina ancora per avere un figlio ma è una cosa che desidero parecchio...certo 22 anni non è piccolina ma per me è presto.
E..io lo faccio sempre questo gioco..penso mia figlia suonerà il pianoforte perchè io non l'ho mai fato, leggerà Anna Karenina perchè ohni donna dovrebbe leggerlo.
Ma è un gioco, almeno per me che sogno d essere genitore un giorno.
:)
Per questo leggendo il post mi viene da sorridere.
Non ne so ancora molto...ma spero di riuscire ad amarli nel modo giusto senza mai soffocare la loro voglia di esser diversi da me o dal mondo.
Un bacionE!!!

8 gennaio 2007 alle ore 02:55:00 GMT+2  
Blogger Henry ha detto...

caro adynaton...cio' che dici (in modo mirabile come sempre) e' tristemente vero...pero'...pero' ci sono le eccezioni...c'e' chi e' capace di amarci per come siamo veramente, coi nostri pregi e i nostri difetti, c'e' chi ci dice: "prenditi il tempo che ti serve. io ci saro'!"...il problema e' che spesso queste persone non riusciamo a vederle.
il bambino per essere felice deve essere si se stesso...ma imparare anche a vedere chi gli sta attorno. e come lo fa.
ti abbraccio

8 gennaio 2007 alle ore 08:38:00 GMT+2  
Blogger Laura ha detto...

Credo di aver già espresso il mio parere nel post precedente... non voglio ripetermi x' sarebbe un giro di parole x ridire la stessa cosa.

un bacione

Lall

8 gennaio 2007 alle ore 09:01:00 GMT+2  
Blogger lucia ha detto...

Di parole ne hai dette anche troppe, e in modo mirabile, concordo con Henry. Deduco che non ci siano buoni intenditori. Non facciamo però l'errore di aspettere noi qualcosa dagli altri, qualcosa di così prezioso come la comprensione!

;-)

una sempre più sfiduciata Lucia

8 gennaio 2007 alle ore 20:00:00 GMT+2  
Anonymous Anonimo ha detto...

@padda: orgoglio, hai detto bene, ma questa volta credo che non sia lui il protagonista del problema. Il fatto è che nessuno è più capace di ascoltare...e quindi di capire.

@rain-gioia: ma sì, giocare con queste cose è concesso, purché non diventino realtà! Non c'è niente di più sbagliato nel voler vedere nei propri figli la proiezione di ciò che una persona avrebbe voluto essere col senno di poi...

@henry: io vado avanti grazie a quelle eccezioni di cui parli tu, e sono felice di potermene circondare!

@laura: repetita iuvant :P

@lucia: non mi aspetto mai niente da nessuno, un po' per il principio "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", un po' perché tutte le volte che mi sono aspettato qualcosa da qualcuno ci sono rimasto con un pugno di mosche. FIguriamoci se mi aspetto la comprensione... la gente sa essere incapace anche di molto meno.

8 gennaio 2007 alle ore 21:16:00 GMT+2  
Blogger Nerò ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te. E a volte la disperazione attanaglia il petto. Ma, fidati, è un momento di sconforto. E alla fine troviamo sempre il modo per restare in bilico.

10 gennaio 2007 alle ore 00:15:00 GMT+2  
Blogger Adynaton86 ha detto...

@nerò: io preferirei stare in equilibrio... ma a volte le persone fanno di tutto per farmelo perdere...E CON ESSO LE STAFFE!!

10 gennaio 2007 alle ore 02:51:00 GMT+2  

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