mercoledì 29 ottobre 2008

Con un naso rosso da clown

Ho scoperto che la quotidianità non è affatto monotona; perlomeno, non la mia. Essa si è nutrita di un ottobre di tinte che poco hanno a che vedere con quel rosso ramato che tanto facilmente si associa a foglie ormai in punto di morte, è stato un ottobre incredibilmente vivo, invece, verde più che mai, scortato da un ritmo incalzante e coinvolgente. Si è sentita la mancanza del passo felpato dell'autunno. Di quella cadenza poeticamente letargica che accompagna i giorni nel loro impercettibile abbreviarsi. E anche di quella bizzarra, ma inevitabile forma di autocompiacimento nei confronti del brusco ritorno alla routine degli impegni di sempre, quelli che non cambiano mai, ciclicamente ripetitivi e scanditi da date, orari di treni per andare e per tornare, e gente che corre di qua e di là perché vuole tornare a casa, e tram, e metropolitane gremite di umanità frenetica e inspiegabilmente meccanica. 
Niente di tutto questo per il mio ottobre, che se n'è andato via di soppiatto, saltando oltre un muro di ricordi gustati soltanto a metà, come un panino freddo consumato alla stazione in fretta e furia. Oggi ho finalmente trovato una seggiola su cui inerpicarmi, perché mi sembrava ingiusto che tutto quello che ho dato al mio ottobre potesse involarsi così impunemente. Non sono molto alto, ma mi è bastato per mettere il naso oltre quel muro, per vedere cosa avevo trovato e chi avevo salutato di sfuggita, ripromettendomi magari di ripensarci in un momento di maggior quiete. 
E che scoperte! Episodi prima affastellati in modo vertiginoso e poco comprensibile si sono posizionati in quella che sembra la loro naturale postazione... Chi avrebbe mai scommesso su una simile evoluzione dei fatti? Ma la scoperta, d'altronde, è anche questo: l'imponderabile susseguirsi di cause e conseguenze, l'imprescindibile disposizione delle persone intorno a noi, l'inesplicabile bellezza dell'insieme nel suo essere qui e ora, non nel passato, non nel futuro, ma nel presente ricco e odoroso di dolci fragranze. E, nel mentre, stupirsi e gioirne.
Una mattina ci si sveglia, e inaspettatamente si scopre che fuori il gelo è arrivato senza preavviso, e si scopre che un vecchio cappotto dai bottoni scuciti può ancora suscitare l'emozione di un ricordo di inverni felici, fatti di coperte rovesciate e cuscini stropicciati. Si trascorrono ore ed ore a ripetere lo stesso movimento, nel tentativo di trovare un'armonia di insieme, e si scopre che sì, quell'armonia è davvero possibile! Si scopre com'è buono il retrogusto amarognolo della birra in compagnia degli amici vecchi e di quelli nuovi, non appena l'ultima fatica è stata lasciata finalmente alle spalle. Si scopre che, forse, quella non era stata proprio una fatica, ma l'ennesimo passo che costituisce la progressiva realizzazione di se stessi nel mondo, proprio quando non si domanda nulla di più che di fare ciò che accende le proprie passioni. E se si riesce a strappare un sorriso a chi prima correva, ma poi s'è voltato a 
guardare, si può scoprire un lembo di felicità. Strizzare l'occhio alla vita non è poi così difficile, se si scopre che non è poi tanto male, se un gatto ha dormito tutta la notte acciambellato sulla propria testa, tra lenzuola senza ricami ma con tante macchie di indubbia provenienza. E anzi, è ancor più semplice se si scopre che è possibile innamorarsi due volte della stessa persona, anche se ci si accorge di essere ancora troppo sensibili al fascino maschile per poter immaginare una vita fatta di invariabili sinusoidi sentimentali. E poi, inutile a dirsi, ma si scopre persino che l'aria sulla quarta corda di Bach si può ascoltare per ore ed ore senza mai stancarsi, e che si orienta così tanto alla perfezione da poter quasi immaginare di poterla toccare, quella perfezione che rincuora perché generata da un uomini in accordo d'intenti e dall'infallibile sinergia. 
Valeva davvero la pena di fermarmi un istante e godere di tutto questo, almeno per qualche ora? La mia vita sembra così piena di nodi da scoraggiarmi persino dal valutarne il percorso, talvolta, tanto è ingarbugliata, vi incespico persino io che pure ne conosco bene le asprezze. Ma, alla fine, posso forse non amarla per come è? Oggi mi sono lasciato sfuggire che "perfetto è ciò che si ama con il suo difetto". Ho trovato una risposta che oggi mi calza a pennello. Può darsi che da oggi indosserò stivali di gomma un po' troppo larghi. Non importa; sarà ugualmente bella la sensazione di calpestare il fango fresco del novembre che sopraggiunge a capriole, nuovo saltimbanco, antico inguaribile ottimismo.
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