venerdì 29 dicembre 2006
lunedì 25 dicembre 2006
Parenti Serpenti
Il giorno di Natale non è mai stato il mio forte. A dire il vero, non lo è mai stato nemmeno quello della vigilia. Per essere ancora più precisi, non lo è più da quando ho preso coscienza, diventando grande, del fatto che la mia famiglia, come tutte, non è un rifugio dorato, ovattato, un'entità di protezione eterna ed immutabile. Quando si cresce, si capiscono molte più cose: litigi improvvisi, sedie stranamente vuote che una volta erano piene, tavole imbandite di battute pungenti e farcite con l'intenzione di fare male, insoddisfazioni personali, opinioni divergenti. Ciò che da piccolo rappresentava per me un enorme punto di domanda, è ora di immediata comprensione, e al tempo stesso produce in me una strana sensazione di disadattamento all'ambito famigliare.
Questo Natale, come i più recenti trascorsi con i miei parenti, è stato a tratti imbarazzante. Non perché io sia timido o introverso, anzi: il fatto è che tutti fanno di tutto per metterti nella condizione di non sapere cosa rispondere. E se questo può essere, sebbene al limite delle mie possibilità, comprensibile nei confronti dei membri più "anziani", non lo trovo minimamente accettabile da parte di quelli più giovani. E allora può starmi bene che mia nonna mi domandi della mia "sposa", ma non che lo facciano i miei cugini. In parte è evidente che la colpa sia anche mia, con loro non sono mai stato limpido circa le mie inclinazioni sessuali. Ma non l'ho mai fatto e non lo faccio perché mancano di discrezione, e se capita di toccare argomenti vagamente "tabù" dimostrano tutta la loro chiusura mentale, il loro provincialismo, la loro incapacità di sapersi distaccare da una massa che vede il mondo per stereotipi e convenzioni unanimemente accettati.
Ma non è tutto. Odio il fatto che mi si prenda in giro per il mio modo di vestire. Se a Natale voglio mettermi dei pantaloni in cui possono entrare quattro delle mie gambe, nessuno deve azzardarsi a dire che sembro uno straccione. E se la camicia con il cravattino mi piace tenerla fuori dai suddetti pantaloni, non voglio che mi si dica che "non è consono". Tanto più se a dire queste cose è quel celenterato di mio cugino S., la cui unica occupazione è ingravidare la moglie, anno, dopo anno, dopo anno, mettendo al mondo creature come fossero biscotti che escano da un forno. E detesto sua moglie P., la donna sottomessa per eccellenza, che sottolinea con vomitevole enfasi e stomacante trionfo che quello sia "suo marito", e lo chiama "amore". Disgustoso.
Infine, mi sono stancato di sentirmi dire che sono troppo magro. Che non mangio abbastanza, che così magro sembro un malato terminale, che ho i polsi piccoli e le gambe scheletriche. Ci manca solo che mi diano dell'anoressico e allora saremo veramente a posto.
A volte, a Natale, mi sento scoppiare la testa, sono una pentola serrata da un coperchio che solo la mia razionalità e il mio equilibrio interiore impediscono che esploda. Perché, se si verificasse la deflagrazione, non farei altro che sputare merda su di loro, su tutti loro. Su quanto mi facciano pena le loro insulse premure, le loro moine, la loro falsa benevolenza. E' inutile voler dimostrare, tutto in un giorno, un interesse che non ha ragione di esistere, e mi domando quanto a lungo resisterà la mia pazienza.
Fortunatamente ricorderò questo Natale per la persona che c'è al mio fianco, seppure da poco, e il cui pensiero mi ha permesso di ignorare la marea di stronzate che ha invaso la casa di mia zia E. quest'oggi. Fortunatamente c'erano i miei genitori, che sono per me l'unico appiglio in questo oceano di merda. E fortunatamente c'è mia sorella I., con la quale riesco a condividere l'astio verso questo nugolo di serpi che cerco di tenere lontano da me il più possibile.
E se qualcuno ha da ribattere sulla bellezza del Natale in famiglia, o sostiene che sia folkloristico e caloroso un pranzo con quasi venti persone a cui sei legato dal sangue... beh, almeno per rispetto verso di me, che taccia. Almeno oggi, che è Natale.
giovedì 21 dicembre 2006
L'Arte Di Sentirsi Colpevoli
martedì 19 dicembre 2006
"... E il mio cuore sta per franare..."
Volevo riscoprire questo film con l'interesse che forse mi era mancato la prima volta che lo vidi. E invece, è stato lui a sorprendermi, svegliando in me questo pensiero latente, segregato, come una grotta che stilla nel tempo e nel silenzio le sue stalagmiti, indomita e inarrestabile. La bellezza del mondo, un'immagine apparentemente concreta, eppure così astratta, difficile da pensare, difficile da cogliere. Chissà perché, ma ho sempre guardato questa terra su cui viviamo come un luogo inospitale e barbaro, dove l'istinto della sopravvivenza sopprime la curiosità, la gioia di guardare e di ricordare. La sola idea del ricordo porta con sé un'aura negativa, di qualcosa che è trascorso e che ormai non ci appartiene più, spazzata via dal vento come una manciata di foglie cadute d'autunno. E quant'è difficile scorgere bellezza in ciò che ci circonda: forse la fretta, forse l'indifferenza.
Ma bisogna credere alla bellezza del mondo, ai suoi moti eterni ed impercettibili, imperturbabili; ai suoi colori, alle tonalità d'azzurro dell'aurora e alle tinte rossastre del sole vespertino, al verde iridescente del mare aperto; ai suoi profumi inebrianti e talvolta indistinti, all'incenso che brucia, all'aroma di un giglio appena sbocciato o di una rosa vermiglia che si schiude d'improvviso; bisogna credere al battito leggero d'ali di farfalla, al fremito incostante di una fiamma, all'emozione che pulsa nel sangue di fronte alla vista d'una stella cadente.
Se immagino tutto questo, se mi proietto in questa visione, mi sento protetto, cullato dolcemente in un sogno di cui s'è appena levato il sipario. Placide note echeggeranno nell'aria, non ci saranno nubi nell'animo mio, non la preoccupazione, ma uno slancio di leggero fervore verso tutto questo, verso questo luogo tumultuoso che tacito ruota su se stesso, e vaga nell'universo, senza un motivo plausibile. Tutto mentre noi esseri umani rimaniamo inerti, distratti dal nulla, dimentichi dei ricordi d'infanzia, quando era più facile baciare la terra che calpestiamo, giorno dopo giorno, con crescente disappunto. Potremmo ancora lasciarci sorprendere dalla pioggia battente e dalla neve discreta e felpata. Se soltanto fosse possibile voltarsi e sorridere alla bellezza di ciò che lasciamo dietro le nostre spalle.
venerdì 15 dicembre 2006
Il Sapore della Rivincita
Io aggiungerei che una piccola rivincita sia preferibile alla vendetta(che brutta parola, poi, la trovo anche cacofonica). Ed adoperando una perifrasi inglese direi best served freezed. Congelata.
Stasera ho avuto modo di chiacchierare con uno dei pazzi che hanno oltrepassato i confini che portano ai limiti della mia persona. Facendo del mio meglio per spiattellargli in faccia il fatto che sono felice, che sto con una persona stupenda(e sottolineando più volte il fatto che non sia cerebrolesa come lui). Ma non è tutto. Mi sono anche preso la licenza poetica di descriverlo come una persona "neutra, un foglio bianco con poche scritte negli angoli", che recano a caratteri ben visibili le frasi "Lunatico e vagamente incoerente" ed un sottile, ma tagliente "Ha la faccia spesso annoiata".
Mica male, considerando i bicchieri di vino bevuti a multipli di tre questa sera, con l'amico A. e la coinquilina P., davanti ad una bella tagliata coi funghi porcini.
Tutto ciò sarebbe stato perfetto, se poi la mia coscienza non si fosse posta il problema di cercare le macchie causate da questo gesto di cattiveria gratuita, volontaria e preterintenzionale. Insomma, ho finito per farmi da solo il fantomatico "processo alle intenzioni". E ne è venuto fuori che ho fatto lo stronzo. Con finezza, eh, ma stronzo. E' troppo facile scagliare i fulmini che, di tanto in tanto, la dea della giustizia in terra ci concede di lanciare contro coloro che ci hanno, in qualche misura, feriti.
Tuttavia, osservando il tutto con un'ottica decisamente più scaltra e menefreghista(ossia quella che poi ha prevalso in me), ho realizzato che il sapore della rivincita è immensamente più dolce, se gustato dalla vetta del monte, quando tutto va bene e si può affermare con sicurezza di essere felici, per quanto effimera la felicità possa essere. E si è certi che, per chi guarda dal basso e subisce le saette di Dike, mai fu più vero il detto: "Il potere logora chi non ce l'ha".
Mi scuso coi moralisti che predicano il Santo Perdono a tutti i costi: questa è la segreteria telefonica di Adynaton86, sono spiacente ma non sono in casa, lasciate pure un messaggio, ma state certi che, almeno per oggi, non l'ascolterò. E forse nemmeno domani.
giovedì 14 dicembre 2006
La Prima Volta
Ancora non riesco a realizzare. L'eco delle tue parole risuona ancora vivida nella mia testa, come quando mi hai sussurrato, con dolcezza, nel mio orecchio intorpidito dalla tua lingua:
"Ti va di fare l'amore?"
Non me l'aspettavo. Avevo previsto tempi diversi, distanze maggiori, e a me andava bene così. Ma devo convincermi che, nella nostra storia, nulla potrà seguire mai alcuna previsione. Così com'era imprevedibile e, tecnicamente, assurdo, che cominciasse.
Non ho esitato a risponderti di sì.
E quello che ho provato, non si esprime se non con immagini. E allora, potrei raccontare delle frange di colore che nascono tra l'alba e l'aurora, o di un abbraccio dolce ed impetuoso, e delle onde del mare, placide e continue, ma sempre forti, diverse, vivaci. Ma neanche ciò basterebbe, perché non sarei soddisfatto a sufficienza, mi sembrerebbe che la cosa manchi di particolari, di verità, di sensualità.
Ti ho riaccompagnato alla macchina, e sono risalito in casa col sorriso sulle labbra. Ero troppo mosso dentro, l'agitazione e l'immensa felicità di questa notte si mescolavano in me. Ho dovuto farmi una canna per rilassarmi.
Poi ho scoperto il tuo orologio, appoggiato sulla mia libreria bianca, vicino ai miei libri preferiti. L'hai tolto mentre ti spogliavo con gli occhi e con le mani. L'ho preso tra le mani e, d'istinto, ho portato il quadrante sotto il mio lobo, e ho iniziato ad ascoltare: tic-tac, tic-tac, irregolare, scandito da due lancette separate. Mi è sembrato di sentire il battito aritmico del tuo cuore, mentre i tuoi aneliti baciavano il mio collo, adesso livido e a tratti violaceo, mentre facevamo l'amore per la prima volta, questa notte.
L'ho messo accanto a me. Il tic-tac, tic-tac, mi è dolce, è rasserenante. Mi rassicura e placa la mia inquietudine...
...d'amore?
martedì 12 dicembre 2006
"6Speciale"
19:25:34
"Tatino..buh!salito ora sul treno..mi sn fermato x una ricerca in lab..che balle..nn vedo l'ora de magnà.tu,tutto ok a teatro?a dopo...
[E fin qui, niente di strano; sono frasi abbastanza comuni, le tipiche locuzioni che uno scrive in un sms in un momento di assoluta nullafacenza... Unico neo: non capisco perché mi chiami "tato"...una volta me lo spiegherai!]
...6speciale ciccio :-* bacio"
E qui, mi sono sciolto come neve ad agosto.
Sarò patetico, lo so, ma queste sono le piccole cose che mi fanno sentire bene. Due parole, corte corte, semplici, una copula ed un aggettivo tutti per me che provengono esattamente dalla persona che desidero le pronunci.
Molte persone non hanno mai capito che in amore ci vuole poco a farmi fesso. Bastano due moine e sono bello e fritto, da un lato e dall'altro, perfettamente croccante.
Non è per essere pieno di me, lo so già di essere speciale(laddove per speciale s'intenda "piacevolmente fuori dal comune".. una specie di fuoriserie particolarmente fiammante e dal prezzo abbordabile, in sostanza!)... Però detto da te ha un non so che dolce retrogusto. E' come quando bevo un bicchiere di buon vino rosso, e dopo resto inebriato dall'aroma di qualche frutto, nettarino e zuccheroso.
Te la sei cavata con così poco oggi, eppure mi sento appagato. "Posso essere felice con poco" [cfr. Carmen..].
In fondo, anche le rose sono felici quando si schiudono alla fresca rugiada del mattino.
lunedì 11 dicembre 2006
Lord Of The Oceans
giovedì 7 dicembre 2006
Storie Di Amori Passati
mercoledì 6 dicembre 2006
Una Spina Nel Fianco
lunedì 4 dicembre 2006
Sbadigliare Pallido e Assorto
E' stato tutto così strano, e non te l'ho nascosto; strano ritrovarci lì da soli, in casa tua, nella tua stanza, io che guardo i tuoi mobili, gli oggetti che ti appartengono. Comincio ad entrare nel tuo mondo con passo felpato, per scoprire le tue abitudini, la tua quotidianità. Ho osservato con occhio chirurgico qualsiasi particolare del posto in cui vivi, le mura della casa, la tua stanza tenuta impeccabilmente, il bagno perfettamente in ordine, così in ordine che non riuscivo a trovare il dentifricio: io, abituato invece al caos della mia casa di studente, alle coperte sottosopra e all'entropia che si scatena sul pavimento della mia camera. Ti ho guardato fare colazione, mentre bevi pian piano il caffé bollente dalla tazzina, il succo di frutta tropicale, ti ho osservato mentre mangiavi la tua crostatina con meticolosa attenzione, per non far cadere le briciole sul tavolo della cucina. Ti ho visto sfrecciare per il corridoio con solo l'asciugamano attorno alla vita e i capelli ancora fradici dalla doccia appena fatta. E poi, vestito di tutto punto, fumare una sigaretta in attesa del treno, sotto la pensilina della piccola stazione ferroviaria.
Tutto mi è parso così incredibilmente bello. Tutto talmente speciale. Ed io che fino alla scorsa settimana non ero che una briciola delle tue cento conoscenze, e così tu per me, sì, se mi avessero chiesto di te avrei detto: mah, un amico, ci si vede ogni tanto. Eppure, anche se non sono trascorse neppure due ore, mi sale sempre più la voglia di scrutare i tuoi occhi di acquamarina, come stanotte, mentre accarezzavo il tuo corpo caldo ed alitavo sul tuo collo, e con i miei piedi scaldavo le tue gambe infreddolite dal rigido inverno che si appresta a venire.
Tutto in una notte, tutto così improvvisamente, tutta questa voglia che ho ancora di Te.