martedì 28 novembre 2006

Surprise

Cosa succede quando si guarda solo in alto? Quando si cerca di afferrare qualcosa che sta al di sopra della propria testa? Inevitabilmente, gli occhi sono rivolti solo in quella direzione, niente può distrarre l'accanito e testardo arrampicatore... Eppure, questa prospettiva gli impedisce di vedere quello che si trova esattamente alla propria altezza. Basti pensare ad un meraviglioso e verdeggiante frutteto, del frutto che più ci piace, immaginiamo che si tratti di pesche. Uno splendido pescheto, e il bel colore arancio dorato conferito ai frutti dalla calura estiva. Improvvisamente, nel bel mezzo di una passeggiata, mi sono ritrovato nel bel mezzo di questa piantagione, e sono rimasto colpito da una pesca meravigliosa che si trovava in cima ad uno degli alberi. Più di una volta mi sono allungato verso l'alto con le braccia, stando sulla punta dei piedi, autoprovocandomi una forte sofferenza fisica ed una frustrazione senza precedenti. Sicché, stanco degli inutili e futili sforzi, ho lasciato perdere quel frutto così appetibile e mi sono seduto, rassegnato, avvilito, inerte, all'ombra della pianta beffarda... e cosa accade?


Accade che, all'altezza più irrisoria che si possa immaginare, alla portata perfino di un bambino, ho scorto una pesca ancora più bella. Non uguale alle altre, no, affatto: era di gran lunga la più attraente, del colore roseo d'un tramonto primaverile, turgida di succo zuccherino. Immaginate lo stupore di colui che stava per arrendersi, e tutto d'un tratto trova uno splendore del genere, all'altezza ideale per essere colto, all'aspetto perfettamente maturo. Così l'ho afferrato prima con timidezza, l'ho staccato dal suo ramo tenendolo tra le mani, rigirandolo tra le mie dita, provando al tatto la sensazione vellutata della buccia vespertina. L'ho portato alla bocca e l'ho addentato, e ho provato l'essenza del piacere e di un dolce peccato di gola. Ho scoperto come quella pesca sapesse di buono, del suo sapore di luglio e d'agosto, sentendo sulla lingua il calore di una terra fertile ed accogliente, morso dopo morso, con crescente voluttà, fino a desiderarne sempre di più. Sono rimasto ebbro di quel sapore che ha il fresco del mattino e la piacevole sensazione di una notte stellata. E mi sono domandato come avessi mai potuto a non accorgermi che quel frutto delizioso stava solo aspettando di incontrare le mie labbra...

giovedì 23 novembre 2006

Bacco


Piacevole ebbrezza del vino rosso. Mente leggera, pensieri volanti, occhi a mezz'asta. Il tutto accompagnato da quei deliziosi e zuccherini chicchi d'uva di cui ancora sento il sapore tra le labbra. E intanto un brivido di freddo percorre la mia schiena e la contorce in una torsione innaturale. Mi porto una sigaretta alle labbra e l'accendo. Il rosso dell'estremità si fa tanto più vivo, quanto più è voluttuosa la boccata. E tra le mie labbra la sigaretta trova sempre il suo orgasmo.

Nel frattempo, una musica continua ed indistinta echeggia dalle casse del mio portatile. Povero portatile, sempre acceso, sempre in attesa che io digiti un comando...

Vorrei darmi a qualche immagine complessa, e forse l'effetto del vino mi sta conducendo proprio in una vigna. Sono in una vigna questa notte. Intorno a me vedo i raspi di uve, pendenti sul mio capo, e sento di poter aprire le braccia e correre, correre a perdifiato in questo mare dal colore verde acceso. Tendo le braccia verso l'alto, in totale estensione per cercare di aggrapparmi al tralcio più alto. Voglio quel grappolo, proprio quello, il più difficile da raggiungere. Mi sembra già di sentirne i chicchi spappolarsi sotto il mio palato e la melassa che si distribuisce sulle mie papille. E poi apro gli occhi. Perché cerco sempre la strada più tortuosa per giungere alla mia soddisfazione? Perché ambisco continuamente a ciò che più mi è inaccessibile?

mercoledì 22 novembre 2006

L'Illusione


Bastano poche parole, un gesto, uno sguardo per generare aspettative in me. Sono fatto così, e me ne rendo conto di giorno in giorno. Che sia tendenza all'ottimismo? Certo è che, per mia natura, cerco sempre di scorgere romanticismo e buone intenzioni nelle altrui azioni.

Mi piace costruire, e un po' meno, ahimè, smantellare tutti quei castelli di sabbia che poi crollano, granello per granello, sotto la brusca ondata della realtà...

Che cos'è un bacio? E cos'è una carezza? O un'occhiata? Nessuno può conferire loro un significato preciso ed universale... ah, come sarebbe tutto più facile! Non mi arrovellerei più il cervello nel tentativo di interpretare i gesti di chi entra ed esce dalla mia vita. Ma una Legge non esiste. Non c'è Nomos che tenga, non c'è Giustizia che possa condannare chi viola le regole del gioco. Perché, in realtà, la seduzione è un gioco senza regole: tutto è concesso, senza riserve, senza possibilità di accusa, poiché la situazione si riduce sempre alla classica frase: "E' la mia parola contro la tua". E chi ci capisce più nulla?

Vorrei cercare di infischiarmene e smetterla di fare caso anche ad ogni minimo moto di labbra, o di mani, o concentrazione di pupilla. Ma non ce la faccio, è più forte di me... E' mai possibile che, in questo mondo che va alla rovescia, non ci sia nessuno disposto a camminare sui piedi?

lunedì 20 novembre 2006

Ouverture


La prima pagina di un diario si accompagna sempre a tanti buoni propositi. Scriverò con costanza, dirò tutto di me, senza riserva alcuna. Perché un diario è segreto, è lo specchio dell'anima che si rivela in forma di parole e che non parla se non attraverso colui che scrive. Ma come posso esprimere a parole il mio mondo? Il mio umore cambia da un momento all'altro, non vi è mai un momento trascorso che sia uguale al successivo; ogni minimo stimolo provoca in me una sensazione inspiegabilmente volatile, che fugge via dalle mie mani come una farfalla spaventata.
Ho sempre desiderato poter fissare ciò che provo, cristallizzare le mie emozioni ed osservarle con occhio indiscreto, vigile, ma com'è complicato! E' così facile approcciarsi alle altrui sensazioni, confrontarcisi... e quant'è difficile, invece, parlare delle proprie, raccontarle a se stessi.
Stanotte ho sentito il bisogno di confessare a mute lettere la mia solitudine sentimentale. Ho ascoltato la musica e mi ha fatto capire come mi manchi l'Amore.
Sì, quello con la "A" maiuscola. Proprio lui. L'avete forse visto da qualche parte? Sapete indicarmi la strada?
Ho smarrito il mio sentiero e mi sento così impaurito, mi sento un bambino lontano dai suoi affetti. Vorrei poterlo intravvedere in questa nebbia così fitta. Ma annaspo speranzoso ed atterrito al tempo stesso, nella foschia che offusca i miei occhi.
Così giovane e così maledettamente solo dentro.
Non mi mancano gli amici, ho tanta vita intorno e persone che mi vogliono bene... allora perché ho così bisogno d'Amore?
Quando si prova un sentimento così forte, è difficile rinunciarvi, seppure a breve termine... Non so aspettare, sono ansioso di ritrovarlo, frugo nelle mie tasche e ne cavo briciole di bei ricordi andati, un passato che mi appartiene e tiene vivo il pensiero di una compensazione che non ho.
Ma il mondo è così, va tutto all'incontrario. Più desideri una cosa e meno ti apparterrà. Più è spasmodica l'attesa, più l'attesa sarà destinata a durare.
Ecco perché ho intitolato il mio blog "Laddove il mondo va alla rovescia". La mia necessità mi ha fatto comprendere quanto sia inutile sperare di avere tra le mani qualcosa che non si può trovare, finché ci si pensa. Ma si sa che cuore e ragione hanno ben donde di litigare tra di loro. Intelletto ed emozione, vita e morte, Eros e Thanatos... chiamateli come più vi piace. Io li sento convivere dentro di me, vorrei gridarlo e farmi aiutare... ma mi manca la voce, e le lacrime non scendono più...
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