mercoledì 31 dicembre 2008

In attesa della prossima stazione

Per una notte che se ne va c'è sempre un giorno che arriva, penso: come in una gigantesca stazione gremita di passeggeri ansanti e scontrosi, coi treni color fumo e le portiere di cangiante metallo che si aprono, poi si chiudono, si riaprono e infine si richiudono definitivamente, e non c'è più modo di salire a bordo, con o senza posto, provvisti o meno di biglietto, carichi di bagagli o con le tasche vuote. Come treni, come su infinite rotaie vaga il mio pensiero sussurrante: non può gridare, teme di svegliare qualcuno. Si approssima con passo felpato all'ultima candela che sembra bruciare a ritroso; con un flebile soffio ne trae a sé l'ultimo sussulto, prima che sia troppo tardi e le tenebre troppo buie. Nella casa che ora tace, neppure l'impercettibile musica trova più le parole cui legarsi; ogni afflato è risparmiato e si prepara a nuovi e più profondi sospiri; l'ultima pagina di un calendario pregno d'umidità si accartoccia contrita dinanzi al suo prossimo spirare. I fondi del caffé si induriscono sull'acciaio dei cucchiaini dimenticati, la sigaretta estingue il suo ultimo debito con il fumatore impaziente di nuove ed esaltanti destinazioni. 
Un orologio mi ricorda i miei ritardi, e l'acqua la sete che non ho più. Una penna le impressioni trascritte su un foglio, e il foglio la fuggevole ispirazione che non si lascia abbindolare da sudicie mani. Ogni moneta mi rammenta la sua essenza bifronte. Ogni cosa mi riporta al suo lato nascosto, e nel frattempo serro stretta la cerniera di una valigia di poco valore. Poche cose al suo interno: non c'è stato il modo di cercarle tutte, selezionarle, ripiegarle, suddividerle per categorie. Questa notte si parte per un altro viaggio e non c'è tempo per. Non c'è tempo per. 
Spalanco la finestra, l'aria è quella giusta, è quella dell'ultimo giorno: è pungente, preannuncia una gelata. Nel mio pugno, brandelli di carta su cui ho trascritto i miei desideri. Al vento carezzevole di spilli, schiudo lentamente le mie dita ed ecco, le mie speranze volteggiano nel vuoto come farfalle bianchissime. 
Ritraggo il braccio sferzato dal freddo e richiudo la persiana. Con accortezza, mi metto un berretto e la sciarpa al collo, col doppio nodo. Congiungo l'ultimo bottone alla sua asola e socchiudo la porta che, anche stavolta, ha cigolato. Ma il mio passato sta dormendo profondamente e non s'è accorto di nulla. Un lieve odore di neve scivola nella serratura, ed io sono già in strada. 
Guardo in avanti e muovo il primo passo. 
C'è un treno che aspetta l'ultimo pendolare di questa vita che sta per ripartire. 

Bevete un bicchiere alla mia salute,
e sorridete a chi vi sta accanto:
io vado incontro ai miei sogni,
vi scriverò presto il mio nuovo domicilio.
Creative Commons License
This opera by http://adynaton86.blogspot.com is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.