martedì 22 gennaio 2008

Un tuffo dove l'acqua è più blu

"Tutto torna" è una dicitura piuttosto irrealizzabile. Lo dico perché molte volte mi tocca fare il falso in bilancio. Nel senso che non ve lo so spiegare, o forse non ho nemmeno tanta voglia di farlo. Tra l'altro sarebbe una disquisizione piuttosto noiosa... vabbè, ormai ho gettato il sasso nello stagno, quindi mi tocca adesso lanciare le briciole ai cigni.
Io dico che "niente torna", con buona pace dei più fedeli boomerangs, perché mi rendo conto dell'immensa discrepanza che intercorre tra il passato così come è, e il passato così come vorrei che fosse stato. In sostanza, arrivo a figurarmi il mio passato come se fosse sgravato di alcuni errori, quando non lo è affatto; probabilmente il problema è duplice: se da un lato il trascorrere del tempo opacizza il ricordo, dall'altro ho una tensione al giustificazionismo in certi casi, e all'autocondanna in altri. Per non parlare di certi, fortunatamente sporadici, tentativi di autocommiserazione. 
Casualmente(o forse no?) mi imbatto nello studio della storia medievale. Ho scoperto un sacco di cose interessanti: per esempio, voi sapevate perché il fiorino è stata la moneta italiana di maggior successo? Oppure: sapevate che cosa fosse mai il Liber Paradisus? O il perché delle scissioni sunnita e sciita all'interno del mondo islamico? Com'è bello il medioevo! Com'è grandioso, di contro all'etichetta che gli è stata affibbiata: "oscurantismo"! 
Sfogliando, leggendo, sottolineando e riassumendo accuratamente(perché, se non l'aveste capito, io sono parecchio pignolo ed esigente verso me stesso) ho riflettuto parecchio sugli affari miei. Oddio, mi sto perdendo: dove voglio arrivare? 
Partendo dal presupposto che non c'è presente senza passato, le teorie e le speculazioni evoluzionistiche del mondo odierno si appoggiano tutte su un fondamento comune, ossia il libero arbitrio, la scelta, e la conseguenza di questa. 
Libero arbitrio, scelta, conseguenza: fermi tutti! Non è forse questo il movente dei miei errori? Ci siamo. Dacché ho cominciato a prendere coscienza della mia autonomia, le decisioni ho iniziato a prenderle io. Ed ecco che lì, proprio sul più bello, sul momento della conquista anche del più piccolo granello di autosufficienza... arriva uno sbaglio. Uno qualunque, che ti frastorna e ti fa vacillare. Questo è quello che è capitato a me. Riflettendo sui miei poco rosei trascorsi adolescenziali, ho compreso di aver sperperato tante occasioni di crescita: il momento della decisione si è rivelato tanto più pesante, quanto più ripensavo a tutte le volte che avevo già sbagliato. E presagivo il fallimento. E presagisco il fallimento. Ancora oggi che in me regna l'equilibrio(meritato) di un quasi uomo cosciente dei suoi limiti, incosciente delle sue potenzialità. Sembra un controsenso, ma a ben guardare è proprio così. 
Quando si riconosce di aver sbagliato, di nuovo, si guarda con sospetto al periodo più recente. Proprio come fanno gli storici del Rinascimento, che spesso cercano le radici di quella lontana e grandiosa fioritura in un passato assai remoto, in un tempo nel quale regnavano sovrane la pace, la tranquillità, la forza; proprio come loro io ho guardato alla mia età dell'oro, quando la virtù e l'innocenza sovrastavano gli sbagli dettati dall'ingenuità. Perché un bambino brilla di purezza in tutto quello che fa, perché non è spinto da secondi fini. E così mi sono ricordato di quando la nonna Teresa "bionda", quella che profumava come la mia mamma, che mi faceva le polpette al sugo e mi portava a vedere "il cane", mi faceva vedere le ombre cinesi proiettate sul muro bianco della sua camera da letto. Restavo sbalordito dalla magia che si sprigionava da quelle mani, mi sembrava che esalassero una polvere fatata color dell'oro, capace di compiere meravigliose stregonerie. 
Oggi le ombre cinesi le so fare anch'io. "Il cane" su cui vertevano tutte le mie fantasie di diligente padroncino si sono materializzate stanotte, dopo tanto tempo, sulle mie dita affaticate dalla lunga giornata. E mi sono sentito meglio, al punto da pensare che la gioia della mia infanzia, forse, prima o poi mi avrebbe dovuto presentare un conto salato durante il mio "Medioevo", e che avrei finito di saldare soltanto all'alba del mio "Rinascimento". 
Ecco qui il mio dannato giustificazionismo e la maledetta autocommiserazione.  
E nel momento in cui comprendo che sto lentamente realizzando la mia apologia, mi affretto a smantellarla pezzo per pezzo, tesi, dopo tesi, dopo tesi.
Dopo il Rinascimento non so bene cosa sia successo, perché non l'ho ancora studiato. Ma so che ci sono stati un sacco di casini...
...devo iniziare a preoccuparmi? Ah, forse no: in fin dei conti, avevo detto che "niente torna". E per una volta, lo ammetto: mi conviene.

venerdì 11 gennaio 2008

No me odies, Gonzalo!






In un tempo che già fu     ben lontano da viltà
vola 'l mio pensiero     verso quella civiltà
ove uomo dotto assai     mancò d'aver pietà
de' virtual scrittori     caduti in povertà.

Procella scatenò     gentil poeta Enrico 
ch'ebbe la trovata     (e quivi ve lo dico)
di fare 'l nome mio     dipresso un vecchio fico
sanza disturbare     quel mondo troppo antico.

Sventurato! Gettò     sconforto e pena
a cinque maledetti     scagliati nell'arena
ché facesser tosto     coll'anima serena
il mondo raggelar     per sordida catena!

Vi prego continuar,     è ben che così sia;
sì voi farete lieto     di siffatta cortesia
il bislacco creator     d'una tale malattia
ch'io tentai di risanar    con la cuaderna via.

Giunto è 'l tempo:     con annessa spiegazione
mi tocca d'ora in poi     di passar il testimone. 
E' pieno di timor     l'Adynaton beone
vorrebbe nominar     con ruggito di leone.

Ed eccovi Rain-Gioia     che di nome fa Roberta
vien dall'Urbe grande,     quel che scrive mi sconcerta:
dove altro troverei     una mente tanto aperta? 
Letterata assai genial     anche quando pare incerta.

Ben ridere mi fa     quel che chiamo per secondo:
vive nel pavese,     ma sardo è 'l giocondo,
si fé nomar Enrico,     solo EnRy nel suo mondo;
grande medico sarà     quest'omino inverecondo.

Per terza eccovi qua     una sposa giovinetta
vien da Napoli, si sa     come quella sirenetta;
gaia, sveglia,  svelta,     Lei va sempre un po' di fretta
corre sempre qui e là     col marito in macchinetta.

Or per quarto chiamerò     un ragazzo musicante
che se dico verità       da Milàn non è distante.
Ei di nome Demian fa     e non è recalcitrante
a parlar di cose sue:     ciò lo fa a me somigliante.     
   
Poi, dulcis in fundo     come dissero i latini,
tengo quinta la Kiki     che c'ha il cuore dei bambini
con la penna nata è:     c'è da farle mille inchini,
co' suoi inchiostri     t'ubbriaca più de' vini. 

Mi perdonino color     che qui non ho nominato
ma 'l tempo è poco       e io sono un po' malato;
fa pure un po' freddino,     già mi sono congelato...
Ma ora che ci penso!       Sta bruciando lo stufato!
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