Madre Terra

Anch'io, vorrei. Ma non posso, non riesco. Che cosa mi succede?
Devo tornare indietro nel tempo. A poco più di un mese fa. Luglio.
Anch'io ero contento di tornare a casa, dalla mia famiglia, dai miei amici, sapevo di essere aspettato. E' una bella sensazione. Perché ti invita a sbrigarti, a non lasciare che gli altri attendano più del dovuto. Ti invita ad abbracci forti e veri, a baci dati a coppie, a risate fragorose. Tutto secondo previsione. Mi sono divertito, sono stato bene. Però devo ammettere che i Long Island ci hanno messo del loro. Ma vabbè.
Una permanenza inframmezzata dai viaggi. Barcellona, prima. Parigi, poi. Stacchi programmati ed entusiasmanti. E ancora una volta, tutto secondo previsione.
Ma l'inquietudine è un serpente. Striscia di notte, ti avvolge la gola, e resta lì, inerte, silenzioso, impercettibile. Totalmente assente, eppur presente. Sempre. Poi, ad un tratto, senza una reale intenzione? senza motivo apparente? improvvisamente stringe. Forte. La gola. Manca il respiro. Aria. Aria. Soffoco. Sono in gabbia. Sono in prigione. Voglio scappare. Che mi succede?
Lo so cosa mi succede.
E' che non riesco ad ammetterlo, non voglio.
Perché mi fa star male.
Ma, tant'è. Io che torno nella mia terra. Sono come un organo trapiantato in un corpo, e rigettato. Una miserevole massa fibrosa che non è più compatibile. Eppur, sembrava. Perché i medici non l'hanno detto a nessuno? Perché me l'hanno tenuto nascosto? O forse l'hanno detto con parole troppo sibilline perché io potessi capire?
Ho sofferto tanto. Sentivo di non poter resistere. Sentivo di essere ascoltato, ma incompreso da tutti. E' tremendo, perché non potevano fare nulla per me. Nemmeno le parole possono aiutare, perché sono la conseguenza di una resa disarmante dinanzi a fatti ingarbugliati ed inestricabili a qualsiasi persona estranea. Cos'ho sentito?
Silenzio. Senso di inutilità. Irrealizzazione. Lacrime ai bordi degli occhi che non riuscivano a scendere. E lo so solo io quanto avrei voluto piangere! Non sono un frignone, ma non ci riesco proprio. Non piango mai nemmeno quando lo desidero. Per vomitare tutto e sentirmi più leggero. Sfogare. Mordere il cuscino, cercare di strapparlo. Io a casa mia. Come svegliarsi in un incubo: ma io che ci faccio qui? Questa non è casa mia. La mia casa è a Milano. Milano. Milano...
...mi risveglio d'improvviso, apro gli occhi. No, non sono a Milano. Sono qui. A casa. E non sento di essere a casa. Non sento quel senso di tranquillità, di protezione. Sento un clima avverso. Mi sento piccolo piccolo. Insensato. Di nuovo, inutile.
Mi sembra un tradimento; ho il cuore graffiato. Riparto pieno di speranze verso Nord. Riecco la pace, il silenzio dentro. Non ci sono più voci che insinuano il dubbio. Non ci sono più i fantasmi che si nascondono dietro la porta della mia stanza verde, lì, a casa. Qui è vita. Là, a casa, la morte dell'anima. Perché? Eppure la terra che ci dà i natali dovrebbe essere come una madre. Darci la vita. Farci crescere. Nutrirci. Allattarci. Con grandi seni, carichi di latte. Invece, la mia Madre Terra stillava veleno dai capezzoli. Ed io l'ho bevuto inconsapevolmente. E sono rimasto intossicato. La mia Madre Terra ha cercato di uccidermi dentro. Uccidermi. Mi tremano le mani. Ho voglia di piangere. Ho impugnato il coltello dalla parte del manico. Madre, voglio ucciderti, ma ho paura di morire anche io.