Nonostante tutto

Maledette categorie, infelici incasellamenti. Prigioni che l'umanità si è creata da sé, senza alcuna imposizione o necessità. Cullandosi nella possibilità del dominio assoluto e finendo per rimanere schiacciata dalle sue stesse idee. Regolarità, scansione, percezione, individuazione.
Avrebbero mai immaginato gli uomini che, un giorno, il Tempo e lo Spazio li avrebbero sottomessi al loro volere?
Gli uomini, queste bestie che siamo.
Gli altri animali non si curano del Tempo che passa, né del volgere delle stagioni, o del loro rapporto con lo Spazio: essi vivono in conformità con la Natura, e la Natura è conforme a loro, in perfetta e costante reciprocità. Non vi è tentativo di ribellione degli uni verso l'altra. Non c'è conflitto, non c'è cruccio, non esiste inganno. Idilliaca fusione di spirito e materia, di linee e di forme.
E l'uomo?
Egli si manifesta in tutta la sua possenza nel tentativo di corrompere le stesse categorie che ha fondato fin dai suoi albori. Egli cerca di combattere la corsa furiosa ed incessante degli orologi, inventati per poter controllare il Tempo, ignaro del fatto che il Tempo stesso, manifestandosi con un nome, con un'idea, sovverte i ruoli e diviene padrone dell'uomo. Mai ci sarà un martello che possa distruggere il tormentoso ticchettìo delle lancette, le campane continueranno a scandire la giornata, gridando dalle loro torri d'avorio un instancabile "ora et labora". Poiché è ormai radicata in noi la coscienza che siamo governati dal Tempo, e che il Tempo tutto sgretola.
L'uomo ha conosciuto le distanze, le vicinanze, e ha chiamato Spazio ciò che lo separava da qualcosa. Una cosa qualsiasi: un luogo, un oggetto del desiderio, un sentimento. E delineando lo Spazio, ha fatto in modo che questi diventasse la ragione unica e sufficiente per impedire a se stesso di poter giungere in ogni luogo con semplicità, con i suoi passi. Ma il passo dello Spazio sembra essere sempre più grande delle nostre capacità; e il perverso destino comporta un'insaziabile desiderio di guadagnare sempre più terreno e di sfidare le nostre possibilità. Così, quando lo Spazio si distrae, perché noi lo distraiamo con la caparbietà che ci caratterizza in quanto umani, riusciamo a colmare il distacco da ciò che desideriamo raggiungere: e, non contenti di quanto abbiamo ottenuto, vogliamo osare, e azzardare un passo ulteriore verso tutto quello che non ci è dato di raggiungere. Perché, se fosse diversamente, l'avremmo a portata delle nostre mani e dei nostri piedi.
Sarebbe stato più semplice se non ci fossimo mai posti il problema del Tempo e dello Spazio. Oh, sì, molto più semplice. Non ci sarebbe stato bisogno di formulare il concetto di Velocità. Non avremmo mai ritenuto necessario andare sopra la Luna o volare incontro alle stelle più remote.
Non sarebbe stato importante sapere che il Sole scandisce le giornate in mattina, pomeriggio, sera, notte. Perché per noi non avrebbero avuto alcun significato.
C'è qualcosa di titanico che ci spinge alla volontà di guerreggiare contro il Tempo e lo Spazio. Una specie di desiderio più forte dell'ovvia prospettiva di distruzione: giacché qualsiasi cosa faremo, non resterà di noi che un cumulo di ceneri e un pugno di ricordi, forse tramandati ai posteri, o forse lasciati cadere nell'oblio. La Storia del Mondo ci insignisce come i più grandi collezionisti di sconfitte dell'Universo, gli uomini, poveri sciocchi che tentano di ribaltare le convenzioni che essi stessi hanno posto in essere. Eppure, restiamo in vita per non soggiacere al volere dell'immenso fiume di un ineluttabile destino.
Coraggiosa, eroica, solerte. Inconcludente, perdente, disarmata e disarmante, eppure sognatrice Umanità.